Oppido Mamertina OPERAZIONE ERINNI 20 arresti

In particolare, le investigazioni hanno avuto ad oggetto le attività criminali poste in essere nel territorio di Oppido Mamertina e località limitrofe, nel catanzarese e nel Lazio dalla “locale” di Oppido Mamertina ed hanno consentito di acquisire il quadro ritenuto gravemente indiziario in ordine:
agli esecutori materiali ed i mandanti degli omicidi sopra richiamati;
agli aspetti strutturali (statici) ed a quelli dinamici della “locale” di Oppido Mamertina, disvelandone l’articolata struttura, la gerarchia interna e gli affiliati;
agli stabili rapporti criminali intrattenuti con altre “locali” di ‘ndrangheta, quali quella di Sinopoli, San Luca e Platì, nonché con le cosche del vibonese, del crotonese e del catanzarese;
numerosi reati-fine commessi nell’ambito della “locale” di Oppido Mamertina: alcuni di carattere violento (omicidi ed armi) e con finalizzazione estorsiva in danno di persone e patrimoni, costituenti espressione diretta del controllo del territorio; altri di natura più prettamente economica, sia in materia di stupefacenti che finalizzati alla dissimulazione della reale pertinenza dei beni, costituenti prodotto diretto ed indiretto delle attività illecite poste in essere, evidentemente al fine di eludere l’applicazione della normativa in materia di prevenzione patrimoniale.
Gli investimenti della “locale
Accanto ad un nitido ed incontrastato dominio nel territorio di Oppido Mamertina, attuato secondo i tipici metodi della ‘ndrangheta, è emerso il quadro di una “locale” molto proiettata agli investimenti e con tendenza a progetti economici fuori provincia, resi possibili grazie anche all’azione del “capo della locale”, Rocco MAZZAGATTI che – trasferendo la propria residenza nella provincia di Catanzaro – aveva dislocato uomini e mezzi anche su quel territorio.
Grazie al supporto del sodale SCARFONE Domenico, referente per gli investimenti dell’organizzazione criminale su Roma, dove poteva contare su amicizie con avvocati e soggetti gravitanti nell’orbita delle aste giudiziarie e delle procedure fallimentari, le mire espansionistiche nel settore economico-finanziario della cosca Mazzagatti confluivano nel Lazio, con la finalità di trarre vantaggio dagli incanti pubblici, con l’aggiudicazione di beni che venivano intestati fittiziamente a terzi.
Le convergenze con altre indagini sul fenomeno unitario della ‘ndrangheta
Dall’indagine sono poi emerse conferme a pregresse acquisizioni giudiziarie (c.d. operazione “Crimine”, “Reale” ed “Infinito”) relative al fenomeno ‘ndranghetistico in generale e alla sua organizzazione a livello territoriale, dal momento che ancora una volta è stata posta in luce l’esistenza di “locali” che, pur agendo con una certa autonomia all’interno del territorio sul quale operano, devono in ultima analisi rispondere alla Provincia, organo di vertice dell’organizzazione unitaria denominata ‘ndrangheta.
Del pari la struttura della “locale” di Oppido Mamertina rispecchia la medesima composizione di tutte le strutture similari, insistenti in ogni località ove esiste il fenomeno ‘ndrangheta.
Il materiale probatorio acquisito nel corso dell’attività di indagine si combina in modo assolutamente armonico, sia con quanto accertato nell’ambito dell’operazione Crimine, sia con quanto emerso nell’ambito dell’operazione Infinito e, anzi, fornisce ulteriori ed interessanti elementi per ricostruire esaustivamente il retroscena e la causale di uno dei più gravi delitti di ‘ndrangheta commessi in Lombardia negli ultimi anni: l’omicidio di NOVELLA Carmelo, perpetrato in San Vittorio Olona (MI) il 14 luglio 2008.
In proposito, si può affermare che le emergenze del processo Infinito, nella parte relativa alla “locale” di Bresso, si rivelano particolarmente interessanti in quanto coinvolgono, sia pur tangenzialmente, il principale indagato del presente procedimento, MAZZAGATTI Rocco, confermando che si tratta di un personaggio di vertice della locale di Oppido e, più in generale, di un personaggio di altissima levatura della ‘ndrangheta a livello nazionale.
Gli omicidi
Nel corso dell’anno 2012 (precisamente tra marzo e maggio 2012) in Oppido Mamertina venivano perpetrati cinque omicidi (quelli di Bonarrigo Domenico, Ferraro Vincenzo, Raccosta Vincenzo, Raccosta Francesco e Putrino Carmine), che coinvolgevano entrambe le fazioni storicamente operanti in quel centro (FERRARO-RACCOSTA e POLIMENI-MAZZAGATTI-BONARRIGO).
Non si trattava però di una vera e propria faida, ma di una fibrillazione registrata all’interno della locale di Oppido Mamertina da parte di una cosca, quella Ferraro-Raccosta, immediatamente sopita da parte del gruppo ‘ndranghetista egemone, quello facente capo ai Mazzagatti, intenzionato a non abdicare il proprio maggiore potere mafioso conquistato negli anni della guerra.
La complessiva attività investigativa condotta sugli omicidi dell’anno 2012, registratisi ad Oppido Mamertina, in sintesi, ha consentito di ricostruire gli scenari e acquisire elementi ritenuti gravemente indiziari circa:
la responsabilità dell’omicidio di BONARRIGO Domenico, elemento di vertice della ‘ndrangheta oppidese, in capo a RACCOSTA Francesco, FERRARO Vincenzo e RACCOSTA Vincenzo;
l’eliminazione, nei mesi successivi, dei tre responsabili del predetto omicidio, unitamente a PUTRINO Carmine (cognato di RACCOSTA Francesco e genero di RACCOSTA Vincenzo);
la decisione di eliminare RACCOSTA Francesco, FERRARO Vincenzo, RACCOSTA Vincenzo e PUTRINO Carmine, adottata dagli elementi di vertice della cosca MAZZAGATTI-BONARRIGO-POLIMENI;
la riconducibilità a PEPE Simone, “figlioccio” di BONARRIGO Domenico, dell’esecuzione di tutti gli omicidi degli appartenenti alla cosca Ferraro-Raccosta.
FERRARO Vincenzo veniva eliminato nella mattinata del 13 marzo 2012, in località Rocca, a soli 11 giorni dalla morte di BONARRIGO Vincenzo, perché ritenuto il “mandante” del suo omicidio. Dall’attività investigativa effettuata, è emerso che l’autore materiale dell’omicidio di FERRARO Vincenzo sarebbe stato PEPE Simone, coadiuvato da altro soggetto allo stato non identificato.
In relazione alla scomparsa di RACCOSTA Francesco e PUTRINO Carmine, dalla complessiva attività di indagine effettuata, é emerso che si sarebbe trattato di un di duplice omicidio e non di scomparsa da allontanamento volontario e che gli autori di quel crimine -che si connoterà per la spietatezza e massima efferatezza, atteso che RACCOSTA Francesco sarebbe andato in pasto ai maiali quando era ancora vivo- sarebbero intranei alla cosca Mazzagatti-Bonarrigo-Polimeni.
L’omicidio di RACCOSTA Francesco e PUTRINO Carmine sarebbe stato perpetrato, in concorso morale e materiale tra loro, da PEPE Simone, MAZZAGATTI Rocco, SCARFONE Domenico, RUSTICO Pasquale ed altri  allo stato non identificati, con l’“autorizzazione” e l’ausilio fattivo, e pertanto con il concorso morale e materiale del capo della cosca Ferraro-Raccosta, FERRARO Giuseppe che “consegnò” i suoi uomini, fornendo preziose indicazioni per farli trovare dagli avversari, quale “condizione” per la cessazione delle ostilità con la ‘ndrina dei Mazzagatti-Polimeni-Bonarrigo, scaturite dall’uccisione di BONARRIGO Domenico.
L’ultimo omicidio, quello di RACCOSTA Vincenzo, sarebbe stato perpetrato da PEPE Simone, supportato dal cugino PEPE Valerio
Pericolo di fuga
La scelta della Direzione Distrettuale Antimafia di Reggio Calabria di disporre il fermo degli indagati è stata dettata dall’acquisizione, durante l’attività d’indagine, di elementi specifici, concreti ed attuali in ordine alla sussistenza del pericolo di fuga, essendo state captate diverse conversazioni dalle quali è emerso che gli indagati:
avevano consapevolezza dell’esistenza di un’attività di indagine a loro carico;
avevano la possibilità di procurarsi continue informazioni sullo stato dell’indagine e sull’eventuale emissione di provvedimenti restrittivi;
stavano valutando se darsi o meno alla fuga.
Sequestri
Contestualmente all’esecuzione del provvedimento di fermo, i Carabinieri di Reggio Calabria, in collaborazione con quelli di Roma e Catanzaro, hanno dato esecuzione ad un decreto di sequestro preventivo in via d’urgenza emesso dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Reggio Calabria, di 14 imprese (quote sociali, annesso patrimonio aziendale e conti correnti), 88 immobili, 12 beni mobili e 144 Rapporti Bancari e Prodotti Finanziari, per un valore complessivo di circa 70 milioni di Euro.
Dati operativi
Nel corso dell’operazione sono stati impiegati oltre 300 Carabinieri dei Comandi Provinciali di Reggio Calabria, Roma e Catanzaro, supportati dai militari dello Squadrone Eliportato Cacciatori e dell’8° Nucleo Elicotteri.