Caso don Ascone, il vescovo prende posizione

donmemeLe dichiarazioni, andate in onda mercoledì 7 marzo, rilasciate da don Memè Ascone all’interno di un servizio de “Le Iene” sul porto di Gioia Tauro, sono state la sera stessa oggetto di immediata e conveniente analisi da parte del Vescovo, Mons. Francesco Milito, con il parroco di Rosarno, subito dopo la trasmissione.
Stralciate da un’intervista molto più ampia che, se interamente trasmessa ne avrebbe probabilmente permesso l’inquadramento completo, non di meno hanno registrato innanzitutto il vivo disappunto del Vescovo per i contenuti, con chiara evidenza spesso distanti dai pronunciamenti precisi e puntuali del magistero ecclesiale ad ogni livello, ultimo tra i quali, appena un mese fa, dalla Conferenza Episcopale Calabra la cui chiarezza non ammette morbide interpretazioni. Il Vescovo ha espresso anche il suo disappunto per i toni usati e per quella mancanza di stile di prudenza pastorale di rispetto delle persone, impegnate, rischiando in prima linea e in prima persona, nell’educare al senso e alla pratica della giustizia e della legalità con l’opporsi a tutte le forme di male organizzato, quali che siano le connotazioni e la geografia di coltura, diffusione e impianto stabile.
Circa i modi e i tempi, che si sperano efficaci, un Vescovo viene guidato e sorretto dalle direttive che la Chiesa gli consegna perché, in piena fedeltà a Dio e all’uomo, il suo agire di Pastore non ceda nè ad una passività acquiescente, nè ad una tempestività sull’onda del momento, sia pur mediatica.
Il libro del Qoèlet – dunque la parola di Dio, imperativa su tutte quelle degli uomini – insegna e ricorda che c’è un tempo per ogni cosa. È una grande lezione, che rende attenti alla maturazione degli eventi, spesso diversa da come la si vorrebbe e molto più mirata di quanto non si immagini.
Quanto, poi, al comportamento del Vescovo di Oppido Mamertina-Palmi circa il fenomeno ‘ndranghetista nella Piana, il viverne il suo operare quotidiano senza alcun dubbio offrirebbe elementi di valutazione ben lontane da affermazioni lesive al rispetto della verità. Ma ciò non può pretendersi da chi segue la Chiesa soprattutto sui media e non nel suo impegno ordinario e continuo nelle comunità parrocchiali e negli ambiti sociali dove essa si fa presente. Sarà bene, per ciò, essere completi e onesti nell’informazione, per non essere generici e devianti nell’interpretazioni.