Democrazia è sfatta

L’anno che si apre è accompagnato dal suono delle campane a morto per la democrazia nella Città metropolitana di Reggio Calabria. Con l’adozione dello Statuto da parte della Conferenza dei Sindaci è stato fissato di negare a gran parte dei cittadini di Reggio metropolitana il diritto di scegliere direttamente i propri rappresentanti in seno al Consiglio e lo stesso Sindaco metropolitano. Quest’ultimo verrà eletto dai soli cittadini del capoluogo che sono meno di un terzo di tutta la Città metropolitana. Non uno degli organi del nuovo Ente sarà eletto, perciò, a suffragio universale da parte dei cittadini, come pure esplicitamente prevede la Carta europea dell’autonomia locale. Così ha stabilito l’assemblea dei sindaci e dei loro delegati, con un solo voto contrario, quello del comune di Polistena. Lo Statuto, da una parte assicura ai cittadini metropolitani “uguaglianza formale e sostanziale” (v. art. 1 comma 5f), dall’altra nega il più elementare dei diritti in democrazia, quello di voto. Un’infamia dalla quale nessuno dei partecipanti a quella Conferenza può chiamarsi fuori. Scrivono: “Il sindaco metropolitano [..] rappresenta tutti i cittadini facenti parte della comunità metropolitana” (art. 27 comma 1) ma come potrà farlo se è votato soltanto da una minoranza di questi? Scrivono (art. 26 comma 3): “Il Sindaco e il Consiglio sono eletti a suffragio universale ai sensi dell’art. 1, comma 22 della L. n. 56 del 2014, ove non sia prevista la divisione del Comune capoluogo in più Comuni” ma sanno perfettamente che è proprio quella condizione, la divisione del Comune capoluogo, ad essere richiesta dalla legge perché si svolgano elezioni a suffragio universale. Una formulazione contraddittoria, ipocrita, illogica, illegale e vergognosa. Non hanno avuto il coraggio di scrivere papale papale: il Sindaco della Città metropolitana è di diritto quello del Capoluogo reggino. Avevamo proposto, non da soli, di riscrivere quella norma impegnando il Capoluogo ad articolarsi in più comuni entro la data di indizione delle prossime elezioni ma la proposta è stata respinta. Senza motivazioni. Il Sindaco metropolitano è, del resto, una figura tutt’altro che di rappresentanza. Tra le altre cose convoca e presiede il Consiglio metropolitano e la Conferenza metropolitana, attua gli indirizzi del Consiglio metropolitano, sovrintende al funzionamento degli uffici e dei servizi, attribuisce gli incarichi dirigenziali e di collaborazione, nomina Direttore generale, Segretario generale e Vicesindaco, può conferire deleghe a Consiglieri e Vicesindaco, nomina e revoca i rappresentanti della Città metropolitana in seno ad aziende, enti, società, propone al Consiglio gli schemi di bilancio e le variazioni. Un grande potere è concentrato nelle sue mani. Confidano, si dice (così ad esempio le cronache che riferiscono di Antonio Papalia, il consigliere delegato dal sindaco Barone a rappresentare Palmi), in una riforma della legge Delrio. Non si sa bene su quale fondamento. La legge in questione, anche Papalia dovrebbe saperlo, ha superato l’esame di costituzionalità. La Corte Costituzionale, con sentenza n. 50 depositata il 26 marzo 2015, ha respinto i ricorsi promossi dalle regioni Lombardia, Veneto, Campania e Puglia. In particolare la Corte ha ritenuto che la individuazione del Sindaco metropolitano con quello del Comune capoluogo non è irragionevole in fase di prima attuazione del nuovo ente territoriale né irreversibile, restando demandato allo Statuto di optare per l’elezione diretta del proprio sindaco. Proprio quello che doveva avvenire e non è avvenuto. Per responsabilità primaria e diretta di quei sindaci o di quei delegati, come il Papalia, che hanno votato uno Statuto che consegna il potere esecutivo della Città metropolitana nella mani del rappresentante eletto del solo Capoluogo. La smettano almeno di prenderci in giro. Potevano rigettare quella norma e non lo hanno fatto. Hanno scientemente soppresso il diritto di voto di oltre due terzi dei cittadini di Reggio metropolitana. Infine, le cronache riportano di un successo che sarebbe stato riportato nell’integrare l’articolo 36 dello Statuto, in materia di organizzazione degli uffici, con l’inserimento di un quarto comma che prevede sedi decentrate e uffici multifunzione a Locri e Palmi. Non è chiaro come questa previsione si possa sposare con l’individuazione, peraltro discutibilissima, non di tre, ma di cinque aree omogenee – oltre a quelle del Capoluogo, della Piana e della Locride, anche quelle dell’area Aspromontana e dell’area Grecanica – ma è certo che nel testo pubblicato in albo lo scorso 30 dicembre non c’è traccia di questo comma. L’articolo 36 si ferma al comma 3. Questo, forse, ce lo potrebbero spiegare.

 

Palmi, 1 gennaio 2017