Il concetto di straniero

Al. Tallarita: Il concetto di straniero è un concetto con cui l’essere umano ha a che fare. Sia con se stesso che con gli altri e che si perde nella notte dei tempi. In quanto già la persona può considerarsi straniera a se stessa, la dove la personalità e l’io non collimano. Si è stranieri nella propria terra o si è stranieri nella terra d’altri, così come si è il stranieri in casa propria. L’esperienza dello straniero dunque è una questione che si ritrova nella cose giornaliere. Ma è una tematica che già riscontriamo nella Bibbia e nell’Antico Testamento così come poi nel Nuovo. Anche il popolo di Israele si trova ad essere rappresentato da questa concetto. Compiendo un percorso doloroso di migrazione, di esilio. Gli israeliti, riescono a stabilire una mentalità : quella dello straniero. Molto complesso, un fenomeno che si esprime anche nella loro terminologia: che utilizza tre parole per definire la figura dello straniero. E che hanno delle significazioni differenti. Nei testi ebraici infatti viene indicato : lo straniero e il forestiero con i termini: Zar, che è lo straniero che sta lontano. Nokri che è quello straniero al momento, in transito, il terzo termine è Gher o Toshav- che è quello straniero riuscito ad integrarsi.
Zar e il termine tra i tre più interessante, in quanto indica lo straniero che non si conosce, il più lontano, di cui si ha “paura”. E questa nei confronti dell’altro, dello straniero, sta alla base di qualsiasi approccio si voglia avere rispetto all’immigrazione. La paura dell’altro, che si interseca a quello di perdere la propria identità. E questo termine consente la paura anche per la somiglianza a un’altra parola che è: sar.
Vale a dire quel ‘nemico’ da cui difendersi.
Quest’articolo prende spunto da un messaggio che il Pontefice ha lanciato durante una celebrazione, in cui dice che nessuno è straniero a Dio. Il termine straniero è un termine che nella Bibbia del Nuovo Testamento e del Vecchio Testamento è presente.
E in diverse accezioni, dal Deuteronomio “Non mangerete alcuna bestia che sia morta di morte naturale; la darete al forestiero che risiede nelle tue città perché la mangi, o la venderai a qualche straniero, perché tu sei un popolo consacrato al Signore tuo Dio” (14,21)
Nel Nuovo testamento dove l’attenzione al forestiero, trova tre dimensioni:
Cristologica, dice Gesù in Matteo 25: “ero forestiero e mi avete ospitato.”
Carismatica, che pone la carità come il carisma più grande, dice san Paolo cap. 13 e 1Cor 12, 31:”Aspirate ai carismi più grandi”.
Escatologica, inerente all’eternità, quale ultima meta. Che trasforma tutti in pellegrini e stranieri in Eb 13,14; cf Eb 11,10-16 : “Non abbiamo quaggiù una città stabile, ma cerchiamo quella futura”.
Non è nascondendo le parole o negandole, che si può trasformare la realtà. O non affrontare il fenomeno di una ‘diaspora’ che difficilmente potrà essere fermata. Rappresentativa di un mondo che è cambiato, con i suoi fenomeni che vanno fronteggiati e gestiti. È un argomento molto intenso quello dell’immigrazione, che coinvolge tutti, i governi e l’Europa in particolare. Vige molta polemica, in Italia, particolarmente, su questo argomento. Vi è un esasperato senso di compassione umana, ma distorta, in quanto nega diritti e doveri e nega l’importanza al riconoscimento di appartenenza a una terra: la Patria; a cui fanno corrispondere il presunto ‘oscurantismo’ di chi invero vuole proteggere la propia integrità e la propria terra, dalla venuta incontrollata dello straniero. Quando dopo averlo accolto aiutato e sfamato con spirito di carità, vuol evitare di essere solraffatto. Di perdere la propria integrità, la sicurezza, la dove la paura sorge; davanti a un numero di ‘stranieri’ sempre maggiore. Laddove inoltre non si riesce a compiere un integrazione atta a rendere la vita sociale e civile benevola per tutti. Questa è una costatazione che andrà affrontata e sviluppata separatamente, in quanto vi sono tre tipi di stanziamento dello straniero: il primo riguarda l’integrazione tra i costumi della terra di provenienza, con i costumi e le leggi della terra di arrivo. Poi passerà un modello di ghettizzazione totale di non riconoscimento della terra di arrivo e di non assunzione né della lingua, né dei costumi. Il terzo modello sarà quello del riconoscimento totale, dell’acquisizione sia delle lingue, dei costumi e della religione del paese ospitante. Come ben sappiamo le parole sono pietre, che costruiscono ponti e i palazzi in cui le società scrivono le proprie regole e le proprie leggi. E così anche il termine ‘Patria’, che si ritrova nella Bibbia, è concetto importante. A cui sono legate delle tematiche emotive. La dove all’interno della propria Patria, così come della propria casa, è importante per ogni cittadino sentirsi bene, al sicuro, per compiere e sviscerare se stessi e i propri talenti.
Così come è doloroso quando la Patria viene abbandonata, per emigrare altrove.
E allora sì vale la pena mettersi nei panni di chi emigra; vale la pena di comprendere questa diaspora. Ma vale sopratutto la pena comprendere chi sente di volere dei confini sicuri per la propria Patria. E sente di volerli difendere. Confini, che questo globalismo esasperato, vuole considerare come inesistenti. Confini per i quali le generazioni dei nostri nonni e bisnonni hanno combattuto e forse hanno sacrificato la vita. L’Italia è uno dei paesi che più ha accolto lo straniero e continuerà a farlo; quello che chiede nella maggioranza dei suoi abitanti è: poter stare sicuri a casa propria, un controllo maggiore su chi entra e nel numero di immigrati. D’avere un’integrazione, ma non un mantenimento vuoto. E poter avere delle leggi che siano rispettate da tutti. Affinché il malaffare e i colletti bianchi non siano parassiti avidi di questa nuova tratta umana che riporta l’incubo della schiavitù nel XXI sec.
Leggi sicure e controllo sul mare e sulle Ong. Mascherate di non si sa bene quali scopi.
Affinché sia garantita la venuta in Italia di persone che effettivamente hanno bisogno. Ma come scalo. Nel fronteggiare un fenomeno di cui tutta l’Europa deve necessariamente farsi carico.
In caso contrario dubito che la funzione di questa abbia ancora un senso. Se non quello di arricchire pochi Stati a discapito di altri. E allora sarà il caso di pensare e sancire nuove alleanze, entro quegli stati sovrani che pongono: la crescita, la cura del paese, della propria economia, dei propri figli e delle menti preparate, che non emigrino altrove e che sono necessarie per la crescita di una Nazione. Ebbene questo viaggio costante,
ci rende stranieri gli uni agli altri. Ci rende stranieri tanto in casa nostra, quanto nelle terre d’altri. Sì perché le lingue s’incontrano, le culture si scontrano e non sempre un processo di integrazione riesce a convogliare le energie, le forze e le speranze di chi fugge e di chi accoglie.