Immigrazione clandestina: siamo sicuri sia solo questione d’umanità?

In questi giorni ha tenuto banco la vicenda “Sea Watch 3”, la nave delle ONG che dopo aver stazionato diversi giorni davanti le coste Italiane ha deciso di forzare il blocco navale rischiando di schiacciare una motovedetta della Guardia Costiera.
L’immigrazione frutta un giro economico non indifferente. L’inchiesta del giornalista inglese Patrick Kingsley, apparsa sul Guardian, ha sciorinato cifre da capogiro: un africano sub sahariano paga in media tra i 750 ed i 950€ per farsi portare dall’altra parte del Mediterraneo. Un Siriano non oltre 2.300€. Un marocchino non oltre 1.500€. Il viaggio organizzato dagli scafisti si tradurrebbe in un guadagno di circa 34.000€ e nei periodi di punta si arriverebbe a guadagnare anche 700.000€ a settimana.
Arrivati in Italia poi gli immigrati diventano manodopera a basso costo: i nuovi schiavisti utilizzano questo “esercito industriale di riserva” , come teorizzava Marx, per diversi lavori tra cui la raccolta nei campi, ma anche lavori di edilizia e manovalanza criminale. Le attività criminose si sono anche insediate, come testimoniano diverse inchieste, all’interno del sistema d’accoglienza foraggiato da ricchi fondi Statali ed Europei.
Oltre al fattore economico c’è una spinosa questione sociale che tiene banco: i migranti sono spesso collocati nelle periferie, dove le condizioni sono già estremamente disperate anche per gli italiani. Ecco quindi che la sovrapposizione di situazioni del genere porta a scontri, episodi di violenza e di intolleranza.
Alla luce di quest’analisi la domanda sorge spontanea: siamo sicuri che quest’ondata di “umanità” non celi dietro qualcos’altro?

Christian Carbone