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Licenziamento personale delle strutture di Polistena. Il welfare calabrese è al punto di non ritorno.

Il timore che si giungesse a questo punto era stato espresso più volte negli ultimi mesi. Purtroppo si è giunti alla fine: non è più possibile continuare a indebitarsi per finanziare servizi che, invece, dovrebbero essere garantiti dalle istituzioni pubbliche, come avviene nel resto d’Italia. È di ieri la notizia dell’annunciato licenziamento di personale e conseguente rischio di chiusura delle strutture di Polistena che hanno avuto il torto di adeguarsi ai nuovi criteri normativi regionali dettati dalla DGR 633/2017 nei tempi stabiliti.

Chi in questa regione si affanna a rispettare criteri di legalità e giustizia paga un prezzo altissimo.

Come Forum Territoriali dell’area metropolitana esprimiamo la nostra profonda indignazione nei confronti di una Regione che, di fatto, ha sostituito alle 4 A del processo di accreditamento, 4 I. Invece che autorizzazione alla realizzazione, autorizzazione al funzionamento, accreditamento e accordo contrattuale, siamo passati a insipienza, indifferenza, incompetenza, incapacità.

Non è stato sufficiente un anno, tanto è passato dalla sentenza del TAR che ha annullato la DGR 449/16 che apriva una nuova possibile stagione per i diritti dei cittadini e delle cittadine calabresi. Ora l’ultima beffa.

A quanti si sono battuti in questi anni per tentare di dare dignità al welfare regionale (perché di questo si tratta, non di elargire privilegi, ma di garantire diritti e dignità) viene di fatto detto che se si vuole uscire da una condizione di sofferenza e subalternità – rompendo un circolo vizioso che ha prodotto privilegi per qualcuno, diritti per pochi, servizi di scarsa qualità, sprechi e territori abbandonati a sé stessi – se si vuole almeno adeguarsi al resto d’Italia, il sistema bisogna pagarselo da soli.

La Regione ha infatti proposto i nuovi regolamenti con la proposta delle nuove rette delle strutture socio assistenziali: peccato abbiano evidentemente fatto male qualche conto, cifre che il Terzo Settore ha ben presente. L’80% almeno dei costi di una struttura riguarda il personale dipendente: per questo chiediamo che i calcoli vengano realizzati secondo criteri oggettivi e di qualità. Non abbiamo interessi da difendere, ma se vogliamo un servizio assistenziale di qualità è necessario sostenere un congruo costo del personale. Se è necessario fornire servizi di assistenza ai minori, alle persone con disabilità , agli anziani, è necessario che la spesa investita sia adeguata altrimenti si rischia un pericoloso circolo vizioso. Ciò perché, in assenza di regole, le strutture che non vogliono (possono) assumere personale possono andare avanti con “volontari” con il duplice rischio di sfruttamento di forza lavoro e bassa qualità del servizio.

La Calabria continuerà ad essere drammaticamente ultima per spesa sociale, i comuni continueranno a preferire le sagre ai diritti. Le fragilità continueranno a servire solo nei discorsi pubblici e nei documenti ufficiali.

Come Forum Territoriali del Terzo Settore chiediamo chiarezza: se i servizi servono, occorre trovare le risorse per finanziarli (è questo che fa la politica, sceglie sulla base di priorità), oppure, avere il coraggio di affermare che in questa nostra regione non c’è spazio per quanti vivono condizioni di disagio. E che a tutto quello che si scrive e si dice su questi temi, non seguono i fatti.

Immaginare di finanziare un servizio senza calcolare il costo del lavoro di chi vi opera implica malafede, oppure, semplicemente, adeguarsi alle 4 I: insipienza, indifferenza, incompetenza, incapacità.

I portavoce: Pasquale Neri, Forum Reggio Calabria, Domenico Barresi, Forum Versante dello Stretto, Tonino Nunnari, Forum Area Grecanica, Stefano Caria, Forum Piana di Gioia Tauro.


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