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San Ferdinando, la tendopoli ghetto disumano inaccettabile

Oltre duemila lavoratori migranti alla tendopoli di San Ferdinando: uno scenario al limite della sopravvivenza che ancora adesso fa emergere drammaticamente il problema dell’accoglienza e della possibilità di accesso ai servizi socio-assistenziali di prima necessità di quanti seguendo i ritmi della terra e la speranza di un lavoro tornano stagionalmente nella Piana di Gioia Tauro. In questi giorni le condizioni climatiche e la morsa del freddo e del gelo che hanno colpito la Piana e non solo, hanno reso ancora più critiche e difficili le condizioni di vita di donne, uomini e bambini che occupano tende, baracche e ricoveri di fortuna. Dalla rivolta di Rosarno nel 2010, i container e le tende nella II zona industriale, soluzioni temporanee all’emergenza diventate di fatto strutturali, non bastano più a contenere l’arrivo dei lavoratori migranti pronti a tutto pur di trovare un tetto sotto cui vivere.

Da troppo tempo abbiamo proposto soluzioni alternative alla tendopoli, ai ghetti, alle fabbriche occupate, ai casolari dismessi e abbandonati. A febbraio dell’anno scorso, presso la Prefettura di Reggio Calabria, era stato firmato il “Protocollo operativo in materia di accoglienza e integrazione degli immigrati nella Piana di Gioia Tauro”. Tale Protocollo, viste le ormai conosciute condizioni di invivibilità che registriamo quotidianamente, imponeva un intervento immediato e non rinviabile mirato non solo a superare le condizioni di criticità e degrado dal punto di vista igienico-sanitario, ma anche a favorire forme di integrazione attraverso la messa in atto di politiche di promozione e sostegno socio-abitativo. Ad oggi, della nuova tendopoli prevista esiste solo l’area individuata e delimitata da blocchi di cemento e il pavimento di ghiaia.

 Un mese fa la tragedia sfiorata dovuta all’incendio scoppiato alla tendopoli, che ha distrutto una decina di baracche e nel quale due lavoratori migranti hanno riportato ustioni su tutto il corpo, testimonia l’inadeguatezza e la totale assenza di sicurezza e incolumità dell’intero campo allestito dal Ministero degli Interni. Come più volte ho ribadito, definitivamente vanno messe in atto tutte le azioni necessarie per il superamento decisivo dell’ormai nota situazione alloggiativa di questi lavoratori, impiegati principalmente in agricoltura: servono politiche attive concrete di accoglienza e integrazione, indispensabili per favorire la fuoriuscita dell’attuale condizione di degrado e precarietà che caratterizza l’intero territorio della Piana di Gioia Tauro e ridare dignità al lavoro agricolo. Negare un’accoglienza degna di un paese civile a questi lavoratori vuol dire necessariamente consegnarli a caporali e sfruttatori.

 

Celeste Logiacco

Segretario Gen.le Flai Cgil Piana di Gioia Tauro