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GdF, sequestrate 64 tonnellate di traversine tossiche e pericolose per la salute

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La  Guardia  di  Finanza  di  Cosenza  prosegue  nelle  attività  di  controllo  e
monitoraggio  del  territorio  finalizzate  alla  tutela  del  patrimonio  ambientale  e
della salute pubblica.
Il  rinnovo  della  rete  ferroviaria  calabrese,  per  il  quale  è  stato  erogato  un
finanziamento  pubblico  di  28  milioni  di  euro,  in  parte  anche  dell’Unione
Europea, è stato oggetto di una specifica attività di controllo sul tratto di linea
ferroviaria che corre lungo le coste dell’Alto Tirreno cosentino.
Le  attività  di  monitoraggio  svolte  dai  Finanzieri  sul  corretto  svolgimento  dei
7521_foto 3lavori  hanno  fatto  emergere  la  presenza  di  64  tonnellate  di  traversine  in
legno, a suo tempo utilizzate come supporto per i binari dei treni, accatastate in
un piazzale di una stazione ferroviaria di un Comune in provincia di Cosenza.
Le  tradizionali  traversine  in  legno,  molto  note  negli  anni  passati,  sono  oggi
considerate “rifiuti speciali pericolosi” in quanto la sostanza utilizzata per isolarle
da agenti atmosferici è stata riconosciuta altamente cancerogena.
Si  tratta,  nello  specifico,  del  creosoto  la  cui  pericolosità  è  attestata  da  studi
scientifici che dimostrano la sua incidenza nell’aumento di forme tumorali e che
hanno spinto l’Unione Europea (Decisione 2000/532/CE) a decretarne l’estrema
nocività e a vietarne l’utilizzo.
Rilevata  la  pericolosità  per  la  salute  pubblica  e  le  condizioni  di  abbandono  e
trascuratezza in cui versavano le traversine, poggiate direttamente sul terreno
sottostante,  a  rischio  di  infiltrazione,  i  “rifiuti  speciali  pericolosi”  e  l’area
sovrastante venivano immediatamente sottoposti a sequestro penale.

L’ispezione  dell’area  consentiva  infine  si  rilevare  anche  un  vagone  treno
abbandonato e cumuli di materiale edile depositati  in prossimità dei binari, tutti
rifiuti oggetto di sequestro.
Il responsabile della condotta illecita prevista dall’art. 192 del  D.Lgs. 152/2006 e
punita ai sensi del art. 256 del medesimo Decreto Legislativo, rischia l’arresto
da 6 mesi a 2 anni e l’ammenda fino a 26.000 euro