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A Polistena Mario Spallino interpreta StupidoRisiko e denuncia, con ironia, l’assurda e brutale realtà della guerra.

Lo spettacolo di Emergency nella rassegna dall’associazione Amici della Musica Manfroce
“Se conoscessimo meglio la storia non staremmo buoni a sopportare tutto questo. Siamo impotenti? No. Si può fare. C’è bisogno di conoscenza e di diritti, iniziando da quelli fondamentali alla Salute e alla Vita, non di armi. La garanzia dell’accesso alle cure sanitarie è la prima forma di giustizia. Si può fare. Alcuni lo fanno. Emergency lo fa. Ogni riferimento, a personaggi realmente esistiti o a fatti realmente accaduti, è da ritenersi assolutamente volontario”, Mario Spallino chiude così il monologo Stupidorisiko. Una geografia di Guerra, di scena all’auditorium comunale di Polistena, nell’ambito della rassegna di eventi promossa dall’associazione Amici della Musica Nicola Antonio Manfroce di Palmi, presieduta da Antonio Gargano, e cofinanziata nell’ambito dall’avviso pubblico Eventi culturali 2018 della Regione Calabria, con il contributo del Mibact.
La realtà della guerra, che resta una tragedia senza fine di cui civili innocenti e inermi sono vittime e di cui gli artifici e le maschere della propaganda e di certa servile disinformazione alterano la percezione, è stata raccontata nella sua crudezza e brutale essenzialità dall’attore toscano Mario Spallino nello spettacolo di teatro prodotto da Emergency, scritto e diretto da Patrizia Pasqui e selezionato all’interno della XIV edizione di Tramedautore, Festival internazionale della nuova drammaturgia.
Una riflessione profonda e necessaria sui conflitti che dal Novecento fino ad oggi hanno segnato e segnano la Storia, mietendo vittime innocenti e nutrendo interessi opposti al concreto ed effettivo benessere dell’umanità, che non di guerre avrebbe bisogno ma di pace, diritti e dialogo. Tra le contraddizioni più forti, la produzione di armi, e dunque i relativi profitti, tra le voci di bilancio di Paesi che parlano di Pace e Democrazia, tra cui anche l’Italia.
“L’ironia è tristemente spontanea al momento di analizzare i fatti e prendere atto che, al netto della propaganda di cui sono infarciti i racconti ai quali assistiamo, nessuna guerra può e potrà mai essere giusta – ha commentato l’attore Mario Spallino – e ogni guerra è, invece, una tragedia infinita che genera soltanto distruzione e morte. Non esiste la guerra umanitaria perché la guerra è disumanità. La conoscenza della storia è l’antidoto per alimentare consapevolezza, per guardare ai conflitti lucidamente. Per questo Emergency ha scelto di investire anche nell’attività di sensibilizzazione attraverso il teatro. Ero stato già in Calabria anche per gli altri due spettacoli che l’organizzazione ha prodotto, Viaggio Italiano e C’era una volta la guerra, e sono stato contento di tornare per proporre questo in altre località”, ha dichiarato Mario Spallino.
La consapevolezza circa la realtà della guerra cresce al ritmo della narrazione, partita dalla Prima Guerra Mondiale fino ai recenti scontri in Libia.
Sul filo di un racconto epistolare di un giovane marine toscano, che scrive alla madre dall’Iraq e che ha scelto di partire per la guerra, come il bisnonno Beppe, invece di studiare, si snoda la narrazione intrisa di dati e fatti storici. Mario Spallino ha guidato sapientemente il pubblico, con l’ausilio della carta geografica, in un viaggio, tutt’altro che scontato, tra i tanti luoghi profanati dalla guerra di ieri e di oggi. Per il giovane marine toscano la guerra è un lavoro ma la sua convinzione, scorrendo la storia del Novecento, vacillerà fino a svanire. Una narrazione che, per la mole di conflitti consumatisi e ancora in atto, non ha la presunzione di essere pienamente esaustiva. Non esiste tempo che basti per narrare le 14600 guerre combattute nei 5600 anni di storia scritta.
Il racconto di Mario Spallino parte dalla Grande guerra, dalle sue conseguenze sull’assetto politico europeo: la caduta dell’impero Ottomano, che già aveva massacrato il popolo armeno in quello che fu il primo genocidio del XX secolo, dell’impero Austroungarico e dello Zarismo in Russia con la rivoluzione d’Ottobre, preludio della nascita dell’Unione Sovietica. Milioni di vittime e una linea di trincia che diventa la linea degli ossari che dalla Manica arriva in Friuli Venezia Giulia, dove in epoca fascista fu eretto il Sacrario Militare Redipuglia – dallo sloveno “sredij polije” per indicare una Terra di Mezzo – il più grande d’Italia e uno dei più grandi del mondo, in cui sono state poste le spoglie di oltre 100 mila soldati italiani morti durante la Grande Guerra. Un conflitto che lasciò dietro di sé milioni di morti. Oltre un milione soltanto nella battaglia del Somme, un fiume francese, teatro della dura offensiva anglofrancese sferrata per sfondare le linee tedesche tra il luglio e il novembre del 1916. Una tragedia che mutilò l’Europa, la impoverì, senza che essa imparasse. Una guerra prima della quale ci si preoccupò di come mettere a punto armi che non producessero fumo in modo da riconoscere il nemico sul campo di battaglia, con una rivoluzione di non poco conto sui colori delle divise dei soldati. Fu lo stesso Alfred Nobel, che cercò poi di riscattarsi destinando quasi interamente gli introiti dei suoi brevetti al premio che ogni anno insignisce persone che si siano distinte nei vari campi del sapere, ad inventare la dinamite e poi a preparare la balistite, una polvere da guerra senza fumo.
L’ironia si rivela necessaria, per sfatare falsi miti e raccontare verità taciute, e per questo attraversa tutto lo spettacolo che fornisce anche un quadro compiuto dei fatti storici che rievoca.
Lo scenario post bellico adesso già inizia a delineare le premesse del Secondo conflitto mondiale, le ascese dei regimi totalitari in Europa, del Fascismo e del Nazismo, del patto d’Acciaio di un Italia con più soldati che armamenti bellici, della guerra d’Etiopia del 1936 con l’uso di armi chimiche su disposizione di Mussolini, del bombardamento della città basca di Guernica – cui si ispirò Picasso per il suo celebre quadro – del 26 aprile 1937, ad opera dell’aviazione nazista a supporto delle forze nazionalistiche di Francisco Franco durante la guerra civile spagnola. Intanto nel 1937 a Roma Mussolini inaugura Cinecittà, perché il cinema può costituire un ottimo strumento di propaganda, nel 1940 Charlie Chaplin scrive, dirige e interpreta il Grande Dittatore. La Seconda Guerra Mondiale inizia a consumarsi. Dopo pochi anni, il bilancio è di decine di milioni di morti con una disumanità manifesta e traboccante, resasi ancora più evidente con l’olocausto degli ebrei, le atrocità dei campi di concentramento e le bombe atomiche su Hiroshima e Nagasaki.
Le guerre e le atrocità sono finite? No, perché “niente è impossibile all’homo bellicus” e così le guerre restano anche se mutano aspetto. Il secondo conflitto mondiale lascia il posto alla contrapposizione in due blocchi, simbolo di una nuova guerra, quella Fredda durata 45 anni. L’Europa si trova divisa in due ed il muro di Berlino incarna la drammaticità di questa contrapposizione. Ci sono adesso le guerre per procura e questi sono gli anni difficili della guerra in Vietnam, la prima guerra in tv in bianco e nero, della guerra in Corea, dei sanguinosi colpi di Stato nei paesi del Sud America.
Insomma le guerre non finiscono e qualche volta il coraggio di qualcuno contribuisce ad evitarne qualcuna. Così il 26 settembre 1983, il tenente colonnello dell’Armata Rossa Stanislav Evgrafovič Petrov intuisce che una segnalazione del sistema, relativa ad un presunto attacco missilistico ai danni dell’Urss, è un errore e, non comunicandolo ai suoi superiori che avrebbero dato immediato ordine di contrattacco, evita così il Terzo conflitto mondiale. Se avesse fatto scelte diverse, oggi dopo oggi il mondo non sarebbe come lo conosciamo. Il merito di aver evitato un altro massacro cedette subito il posto alla necessità di salvaguardare la reputazione del sistema di sicurezza sovietico e l’accaduto così restò a lungo taciuto.
Adesso c’è il Medioriente da monitorare. L’invasione sovietica dell’Afghanistan nel 1979, per ostacolare spinte destabilizzanti, segna un momento gravido di conseguenze per lo scenario successivo. Mentre sullo schermo Rambo imbraccia una mitragliatrice, lì vengono disseminate mine e negli anni Novanta, il paese ormai libero resta in mano ai Mujaheddin, armati dagli Stati Uniti per condurre la guerriglia contro l’invasione sovietica. Dalla loro frammentazione nasce la fazione dei Talebani che poi assume il comando del Paese. Ancora conflitti e paesi che parlano di Pace e fanno le guerra, esportano armi e le commerciano in zone in conflitto del pianeta. Ma intanto l’Urss si è disciolta, il muro di Berlino è caduto, la Guerra fredda è finita e la globalizzazione delle merci – ma non dei diritti – ha fatto irruzione nella nostra vita, come lo sfrenato consumismo. In Occidente si comprano scarpe di 90 euro di cui solo 10 rappresentano il valore delle scarpe e 80 sono da ascrivere al marchio.
Gli anni Novanta sono anche quelli della prima guerra del Golfo, prima guerra dell’epoca globale. Il leader iracheno Saddam Hussein, che già massacrava i curdi, invade il Kuwait per poter sfruttare le sue grandissime riserve di petrolio. Un’occupazione che costa all’Iraq la sanzione Onu dell’embargo che grava pesantemente sulla popolazione civile.
Le operazioni di polizia internazionale – non guerre quindi! – Desert Storm, Iraq Freedom e New Dawn e le due Guerre del Golfo – l’altra ha luogo nel 2003 per neutralizzare Saddam Hussein, dittatore visto come una minaccia per le paventate armi di distruzione di massa e il presunto appoggio al terrorismo islamico – hanno il “pregio” di essere combattute anche con l’impiego, per la prima volta, dei proiettili ad uranio impoverito fortemente tossico.
In Afghanistan, intanto, al potere ci sono i talebani che adesso stringono legami con Al-Qāʿida, organizzazione terroristica guidata da Osama Bin Laden, che rivendica gli attentati alle Torri Gemelle nel 2001. Nulla è senza conseguenze. Dopo gli attentati sono gli Stati Uniti ad invadere l’Afghanistan per porre fine al regime fondamentalista dei talebani e disintegrare la rete di al-Qāʿida. Miliardi sono stati spesi anche dall’Italia per questa guerra.
Dopo la sciagura dell’11 settembre, c’è stata l’opportunità di cambiare ed invece la scelta è ricaduta ancora una volta sulla guerra.
Nessuna redenzione. Gli anni passano, le guerre continuano e arriva l’era della playstation e delle guerre silenti, di cui non parla nessuno, per lo sfruttamento dei giacimenti di Coltan (columbite- tantalite), cosiddetto oro nero utilizzato per cellulari e computer, di cui ricchissimo è il poverissimo Congo.
La narrazione incalzante di Mario Spallino approda, infine, alla Libia, a questa guerra ad un ex – colonia italiana carica di contraddizioni. Rovesciare il regime di Gheddafi, prima accolto in Italia come leader di profonda saggezza e poi divenuto dittatore crudele, è il fine delle forze ribelli fiancheggiate dalla Nato. L’obiettivo è raggiunto nel 2011, mentre l’Italia festeggia i 150 anni della sua Unità. Un’altra guerra. Altri morti, altri armi vendute e comprate, altri commerci del sangue e la ferita dei migranti in pericolo e in transito da quel paese ancora aperta.
Drammi nei drammi che ancora proseguono nel mondo dove Emergency opera con i suoi ospedali e i suoi volontari per tenere fede alla convinzione che, nonostante l’uomo, ogni persona abbia diritto non solo a sopravvivere ma anche a vivere in Pace.

Palmi, 25 gennaio 2020