Covid, disastri causati dal centralinismo. E sullo Jonio si plaude a qualche posto letto

Recentemente si è proceduto alla allocazione di alcuni posti letto per medicina Covid nel presidio di Cariati e Trebisacce, oltre che a Rogliano, Praia e Tropea. Tale operazione, fortemente voluta dalla Regione Calabria, ancora una volta, disattende a quelle che, già nel lontano gennaio 2020, furono le linee guida prescritte dal Ministero della Salute in tema di trattamento delle patologie derivanti da infezione Covid 19 che tendeva all’accertamento esclusivo dei Polo Covid negli ospedali Hub, svuotandoli dei ricoveri ordinari da destinare agli ospedali spoke ed, eventualmente, nelle strutture private convenzionate.

Tale disegno era stato ripreso, anche, dalla già compianta Presidente Santelli in occasione del primo Consiglio Regionale. La storia, come tutti sappiamo, è andata diversamente. Si è preferito commistionare gli ambienti di (quasi) tutti gli ospedali con la risultanza sistemica del tracciamento, puntualmente, saltato. Se le disposizioni fossero state rispettate, durante i picchi pandemici, la Calabria avrebbe avuto oltre 1600 posti letto Covid localizzati nei 4 Hub (che di per sé ospitano infettivologi, virologi, etc etc, diversamente dagli ospedali spoke). Invece si è preferito agire in maniera confusa, contaminando tutti gli ambienti ospedalieri e generando il panico nelle strutture sanitarie. Soprattutto quelle di periferia, svuotate già di competenze e maestranze a seguito del piano di rientro operato circa 15 anni fa.

In una condizione, ormai degenerata, le strutture sanitarie dismesse, avrebbero potuto dare sollievo agli Hub ed agli Spoke, ormai stremati, se in queste fossero stati resi operativi pronto soccorso e reparti di medicina generale.

Fortunatamente, la variante omicron, non sembra particolarmente letale, ma, sicuramente, è altamente contagiosa. Questa, con svizzera puntualità, ha fatto registrare le problematiche che verifichiamo, quasi costantemente, da circa due anni: pronto soccorso promiscui ed intasati, file chilometriche di ambulanze, operatori sanitari stremati e digressione di ogni tracciamento.

Come Comitato, abbiamo proposto la riapertura dei Presidi dismessi di Cariati e Trebisacce e la rifunzionalizzazione dei Presidi di Acri e San Giovanni in Fiore, sin dai tempi non sospetti e ben prima che il problema pandemico fosse avvertito dall’opinione pubblica. Solo un’adeguata risposta sanitaria di primo intervento sui micro-ambiti avrebbe potuto alleviare il carico di lavoro su Hub e Spoke. I primi, qualora fossero stati già destinati ad ospedali di base, avrebbero potuto filtrare il carico di lavoro pendente sugli ospedali di primo e secondo livello, alleviando le inevase domande sanitarie, soprattutto, per le Aree Interne direttamente afferenti ai presidi di cui sopra.

E mentre sullo Jonio si continua a brancolare nel buio, preferendo spostare figure sanitarie da un reparto all’altro e da un presidio all’altro, sugli ospedali Hub si pianificano le assunzioni di nuovo Personale.

È di qualche settimana fa l’annuncio di ben 221unità al Presidio dell’Annunziata. Siamo felici del rimpinguo in Val di Crati, ma gradiremmo che pari trattamento venisse riservato alle strutture joniche. A quelle storiche ed a quelle che si spera possano essere riaperte come ospedali e non, semplicemente, per le cure Covid a bassa intensità.

A fianco a questo registriamo che il recente investimento regionale sulle nuove apparecchiature sanitarie, a fronte di 86 milioni d’investimento, riserva allo Spoke di Corigliano-Rossano, semplicemente, un mammografo destinato al plesso Ausonico.

Ed ancora, nelle ultime ore si è deciso di chiudere l’unico reparto di terapia intensiva presente tra Crotone e Policoro, salvo riaprirlo dopo qualche ora, ma con all’attivo 6 anestesisti su una pianta organica che ne prevederebbe almeno 12.

La classica toppa peggiore del buco.

Per quanto ci riguarda la visione sanitaria sullo Jonio dovrebbe essere chiara e lampante: tutto l’ambito compreso tra il Crotonese e la Sibaritide, non può continuare a restare sguarnito di un’Azienda Ospedaliera. Questa dovrebbe ottimizzare i presidi Spoke esistenti, rilanciando, definitivamente, i presidi di Cariati e Trebisacce come ospedali di base e non certo come lazzaretti. Pari trattamento dovrebbe essere riservato ai presidi di montagna di Acri e San Giovanni in Fiore, partendo dal presupposto che tali strutture andranno rimpinguate di personale (così come a breve avverrà per il Presidio di Cosenza) e dotate, in primis, di pronto soccorso efficienti e quindi dei servizi di chirurgia e medicina di base.

Fatto ciò, si dovrà innalzare il costruendo presidio di Corigliano Rossano a ospedale di secondo livello predisponendo, immediatamente, i lavori di risanamento PS e rimpinguo maestranze sul Presidio di Crotone.

La visione centralista in Calabria continua a produrre danni, anche, in materia sanitaria. E non è un caso l’incremento preoccupante del dato riconducibile all’emigrazione sanitaria verso strutture del nord. È questa la vera cartina tornasole: guardiamo il dato di quanti cittadini calabresi si recano fuori Regione con grave dispendio di risorse sia per le casse regionali sia per il cittadino stesso costretto ai viaggi della speranza e a sobbarcarsi di spese per raggiungere mete lontane. E qui abbiamo persino chi plaude per qualche posto letto in più. Appare evidente la scarsa qualità di una certa classe politica che mal rappresenta le esigenze dell’Arco Jonico nelle stanze che contano.

Crotone/Corigliano-Rossano, giovedì 10 febbraio 2022

Ufficio stampa – Comitato Magna Graecia

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