Dopo la fusione l’elevazione a capoluogo. Fusionisti e antifusionisti guardano ad altro

Corigliano-Rossano/Crotone, lunedi 12 dicembre 2022

Classe dirigente Jonica tappetino del centralismo politico. La conferma arriva dalla mancata gradualità programmatica e progettuale che ci saremmo aspettati a fusione avvenuta. Gli step successivi avrebbero dovuto dovuto parlare di riconoscimenti, di aspirazioni legittime e sacrosante, di innalzamenti della crescita finalizzati ad elevare un intero territorio e non già la sola Città. Invece, non si trovano altri argomenti che il ritorno al passato. Con molta probabilità, un appiattito clima sociale e una generale visione politica da far concorrenza alle talpe, hanno motivato taluni ad intraprendere azioni civiche finalizzate ad una raccolta di firme certificate. Obiettivo dell’operazione: indire un referendum popolare per chiedere lo scioglimento di quanto creato pochi anni fa. 

Come Gruppo Jonia-MagnaGraecia da anni promuoviamo la proposta di provincia con doppio capoluogo Corigliano-Rossano e Crotone unitamente a un rinnovato campo d’area. Una rielaborazione del territorio che, partendo dalle comuni radici storiche, si impegni a scriverne una nuova declinazione per cambiarne il paradigma. Una prospettiva che tenga insieme ambiti ad interesse comune nella stessa Regione. Con lo sfidante obiettivo di aprirsi verso una moderna ed innovativa ottica interregionale, finalizzata a costituire percorsi d’area metropolitana con i vicini contesti lucani e pugliesi. Con amarezza, purtroppo, giornalmente, constatiamo argomenti di bassa levatura a caratterizzare l’agenda politica della Città e del territorio. Nessuno scenario d’insieme; sembra quasi che la Città sia una struttura fisica estranea ad un contesto territoriale. Nessun programma di elevazione della qualità sanitaria; si scrivono fiumi di note stampa sul costruendo nuovo ospedale, ma tutto tace sul quello che dovrà essere l’inquadramento della struttura nello scacchiere dell’organigramma sanitario regionale. Nessun progetto sfidante sul settore turistico; è passato in sordina il, neppure tanto celato, tentativo di inibire la costruzione della banchina crocieristica nell’invaso di Schiavonea. Nessun proposito circa una contaminazione di idee che vedano insieme pubblico e privato, relativamente la vicenda di un percorso rigenerativo per la ex centrale termoelettrica. Nessuna idea sui sistemi di mobilità regionali ed interregionali; la Città non si inserisce in quegli stadi di sviluppo infrastrutturali che dovrebbero vederla in prima linea sia nella mobilità interterritoriale, che nella sintesi di ricucitura delle varie circoscrizioni urbane. Una condizione di sostanziale calma piatta tendente alle sabbie mobili aleggia indisturbata lungo le sponde joniche. Chiaramente, in una condizione del genere, le scintille del sentimento separatista, caro a chi difficilmente riesce ad inquadrare la propria posizione oltre il piccolo steccato del proprio orticello, trovano linfa per immaginare improbabili progetti riesumativi di quanto dichiarato estinto dalla storia. 

Crediamo che la misura sia colma. 

È compito delle Pubbliche Amministrazioni, dei Gruppi di Pressione, degli Ordini Professionali, del Civismo, uscire da una condizione d’apatia che sta diventando intollerabile. La politica tutta dovrebbe concentrarsi sull’istituzione del Capoluogo, quindi di un’Area Vasta che blinderebbe il territorio da eventuali scippi. Ancora, eleverebbe un ambito a punto di riferimento nelle strategie di pianificazione pubblico-privata. Quindi, riconoscerebbe l’Arco Jonico come base di partenza nelle gerarchie dei partiti, delle organizzazioni sindacali, delle associazioni di categoria e di tutti gli organismi centralizzati. 

Senza tutto questo Corigliano-Rossano rimarrà solo un Paese, leggermente più grande rispetto a prima. E diventa inutile anche predicare dalle varie postazioni pubbliche: “Siamo la prima città della provincia di Cosenza”. D’altronde a Cosenza si guarda verso itinerari metropolitani e nel tempo, anche demograficamente, tornerà a collocarsi al primo posto. L’esperienza di Crotone, che è già Capoluogo, ma di una piccola Provincia, dovrebbe far riflettere sull’importanza fondamentale di una società oggi incentrata sulla logica dei numeri. Un Capoluogo di una Provincia di modeste dimensioni si rivela quasi, se non del tutto, inutile. Un progetto d’Area Vasta di proporzioni più ragguardevoli, invece, avrebbe valenza per riequilibrare il deviato concetto di regionalismo calabrese. 

È necessario guardare alla costruzione di un’area politica ancor prima che fisica, ed in questa inquadrare una rinnovata visione per le città di Corigliano-Rossano e Crotone. Quanto sostenuto anche in funzione delle recenti dichiarazioni del Ministro Calderoli, caldeggiate già da diversi Gruppi Parlamentari di maggioranza e opposizione. Le tesi del Ministero guardano alla restituzione di dignità politica ed amministrativa alle Province, da tempo svuotate di poteri con l’attuazione della legge Del Rio. Naturalmente, un’operazione di tale portata, dovrà tenere conto di tutte quelle modifiche alla geografia amministrativa apportate negli ultimi decenni. Pertanto, l’innovativa visione degli Enti intermedi non potrà più essere il semplicistico concetto perimetrale di borbonica memoria o, ancora peggio, le scriteriate circoscrizioni adottate in tempi più recenti. Invero, andranno ridefiniti i territori, ma tenendo in debita considerazione l’amalgama fra aree ad interesse comune. 

Ed è proprio nel citato contesto che si inserisce Corigliano-Rossano. Entità demografica che da sola non dispone di numeri per aspirare ad un riconoscimento di ambito territoriale ottimale. Tuttavia, congiuntamente a Crotone, avrebbe tutte le carte in regola per aspirare alla individuazione di Capoluogo, consentendo alla Città pitagorica di inverare un ruolo e non già un proforma. Un’Area Vasta, quindi, l’Arco Jonico Magnograeco, che non solo poggerebbe i suoi capisaldi sul policentrismo, ma che non arrecherebbe danno alcuno agli ambiti dei Capoluoghi storici. Anzi, rilascerebbe valore aggiunto a tutto il sistema Calabria.

 

Chi ancora oggi si nasconde e tace su queste tematiche non fa certo il bene della Città, tantomeno del territorio. Così come chi si dedica ad intessere strani teoremi alchemici, immaginando ritorni alle origini delle estinte Città. Disconoscendo, altresì, che oggi i procedimenti evolutivi restano basati sugli indici demografici. Ignorando completamente, infine, il processo di decremento demografico in atto nel Mezzogiorno, in Calabria e, in particolar modo, lungo l’Arco Jonico. Contrariamente, costoro, non proporrebbero percorsi di smagrimento demografico. La coesione territoriale è alla base dei dettami europei. Misconoscere quanto appena dichiarato, significa essere in malafede o mentire sapendo di farlo. O, con molta più probabilità, essere talmente addentellati alle dinamiche del centralismo da non discernere il bene dal male, per una società che aspira al suo legittimo grado di emancipazione. 

Ad ogni modo, piaccia o non piaccia, la percezione assunta della Città è diversa. Quanto meno nella consapevolezza acquista in ambiti diversi da quello nostrano. Bandi un tempo inimmaginabili, per ovvi motivi legati ad un limite demografico delle estinte Città, oggi sono alla portata della Pubblica Amministrazione. Ragionamenti di caratura politica e non di vicinato sono nelle piene disponibilità del Civico Consesso. L’ambito urbano, pur nella revisione delle Rappresentanze parlamentari, può contare su un cospicuo numero di Referenti. Parimenti dicasi per le Figure in capo al Consiglio Regionale. Manca ancora, ma è nella dinamica delle cose, un significato che restituisca cognizione del grande processo intrapreso e dell’entusiasmante possibilità a cui questo ha aperto la Città. Ma il difetto appare, ancora, nelle locali coscienze, non già in quelle del resto della Regione. La stampa non fa mistero, infatti, dei tantissimi territori che stanno sgomitando nel tentativo di intraprendere processi similari a quelli che uno sparuto gruppo di cittadini locali vorrebbero tentare di sciogliere.