Giorgio Nordo (Patto per il Cambiamento): “Non vogliamo più essere poveri”

Guardate questa immagine che rappresenta l’Italia sostanzialmente divisa in due colori, il verde più o meno intenso nella parte settentrionale e un viola quasi sempre molto scuro al centro e al meridione.
Non fatevi ingannare dalla scelta cromatica: il verde non rappresenta, anche se in parte potrebbe, le regioni a trazione leghista ma quelle in cui, sulla base di una valutazione statistica dell’Istat, la popolazione ha mediamente meno preoccupazioni economiche, una discreta scolarizzazione, un lavoro stabile, vive in una casa di proprietà sufficientemente ampia con un nucleo familiare non eccessivamente numeroso ed in buona sostanza conduce una vita dignitosa.
Il Centro e il Sud colorati quasi esclusivamente di viola denotano invece le zone in cui la popolazione è costituita in media da famiglie numerose, contraddistinte da una basso livello culturale e un alto tasso di disoccupazione, in special modo giovanile, ossia rappresenta quella parte dell’Italia che vive una reale condizione di disagio ed è quindi maggiormente vulnerabile.
L’indicatore statistico, ossia il numero usato per esprimere in estrema sintesi questa differenza si chiama, per l’appunto, Indice di Vulnerabilità Sociale e Materiale (IVSM) e viene calcolato dall’Istituto Centrale di Statistica (Istat) prendendo come riferimento la situazione del 1991 per descrivere la situazione socio-economica di un territorio. È un numero che fotografa lo stato di benessere o di malessere materiale di intere città, di intere regioni, di milioni di persone: se è inferiore a 100 (come nel caso del Veneto o della Val d’Aosta) l’area è a basso rischio di vulnerabilità, se invece è superiore a 100 (come nel caso della Calabria) l’area è ad alto rischio di vulnerabilità.
L’indice di Vulnerabilità Sociale e Materiale è un indice sintetico che si calcola con delle precise formule matematiche su una serie storica rappresentata da una matrice ma tiene sempre conto di sette variabili fondamentali:
1) la percentuale della popolazione di età compresa fra 25 e 64 anni analfabeta e alfabeta senza titolo di studio;
2) la percentuale delle famiglie con 6 o più componenti;
3) la percentuale delle famiglie con un solo genitore;
4) la percentuale delle famiglie composte solo da over sessantacinquenni o con almeno un componente ultraottantenne;
5) la percentuale della popolazione che vive in abitazioni con condizioni di affollamento grave;
6) la percentuale di giovani tra i 15 e i 29 anni che non studia e non lavora;
7) la percentuale delle famiglie in cui nessuno lavora o è in pensione.
Basandosi su questi vincoli non è sorprendente scoprire come la nostra città abbia un Indice di Vulnerabilità Sociale e Materiale pari a 100.3 che, rispetto alla media nazionale del 99.3, la qualifica purtroppo come area ad alto rischio di vulnerabilità, ossia come un territorio in cui l’alta incidenza di disoccupati, famiglie numerose o composte solo da anziani o con genitori, giovani che non studiano e non lavorano rende la vita più faticosa e il futuro sempre più nero, soprattutto durante una fase di crisi economica come quella che stiamo vivendo. Sono famiglie che non possono permettersi cure mediche adeguate, che non possono iscrivere i figli all’università e che sempre più spesso non riescono a mantenere un regime alimentare equilibrato, mangiano meno proteine, privilegiando i carboidrati che risultano essere meno costosi e quindi si ammalano più spesso e più gravemente, insomma senza nascondersi dietro aggettivi e giri di parole, la brutale verità è che in città ci sono sempre più poveri.
So di non dire nulla di nuovo ma sapere che ci possa essere un solo numero, come l’Indice di Vulnerabilità Sociale e Materiale, in grado di fornire una così nitida e drammatica descrizione della realtà calabrese e reggina in particolare, è stata per me una scoperta recente ed ammetto di averne sentito parlare per la prima volta solo qualche settimana fa a proposito del discusso decreto legge n. 104 “Misure urgenti per il sostegno e il rilancio dell’economia” del 14/08/2020, il cosiddetto “decreto agosto” che, tra le altre cose, con l’articolo 53 (sostegno agli enti in deficit strutturale) assegna un contributo di 200 milioni di euro a fondo perduto in tre anni ad una categoria di comuni che possiedono determinate caratteristiche tra le quali quella di aver deliberato una procedura di riequilibrio e, appunto, possedere un IVSM superiore a 100.
Molti detrattori a prescindere, per ignoranza o malafede, hanno discettato sul fatto che poiché nel decreto non si fa esplicito riferimento alla nostra città ma ad una generalità di comuni di tutta Italia, il beneficio economico sarebbe quasi irrilevante e che, in sostanza, dei 200 milioni previsti alla nostra città arriverebbero solo pochi spiccioli. Ciò è platealmente falso, giacché ad una analisi più profonda, per non dire meno superficiale, si evince chiaramente che la platea di comuni interessati, ossia quelli che possiedono tutti i requisiti previsti dal decreto, ed in particolare quelli aventi un IVSM superiore a 100, sono poche decine e tutti di piccole o piccolissime dimensioni, eccetto quello di Reggio Calabria al quale, a conti fatti, spetterà un contributo di circa 140 milioni di euro (sul totale di 200), somma più che sufficiente ad azzerare il debito pubblico ed a colmare l’enorme buco di bilancio lasciato dalle passate amministrazioni di centro-destra.
È dunque proprio l’indice di vulnerabilità che ci salverà da una situazione economicamente disastrosa e che, grazie alla nuova dotazione finanziaria, potrà fornire nuovo impulso ai servizi e conseguentemente al rilancio del mercato del lavoro, un numero che finora ha indicato involuzione, povertà e disagio e che potrà, ci si augura, contraddistinguere un nuovo periodo di prosperità e sviluppo ancora sotto la guida del sindaco Giuseppe Falcomatà, una nuova primavera reggina in cui, dopo aver respinto balordi tentativi di invasione leghista, rifiutato compromessi e ricatti ed aver rispedito al mittente finti leader immacolati costruiti a tavolino, tutti noi reggini, con dignità e convinzione, potremo affermare di non voler più essere poveri.