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“Il Federiciano” e “Il Paese della Poesia”: quando da una buona idea nasce un grande sviluppo turistico

Settembre è arrivato, insieme al tempo dei bilanci. Sopraggiunge alla stagione estiva, portando con sé riflessioni sull’anno lavorativo.

Anche a Rocca Imperiale, il piccolo borgo calabrese che è diventato il protagonista indiscusso degli eventi culturali grazie all’ormai noto festival poetico “Il Federiciano”, si tirano le somme di una stagione altalenante, nel complesso positiva. Iniziata in sordina, come in tutto l’Alto Jonio, è stata salvata proprio dal festival che quest’anno, per celebrare il decimo anno, ha inserito altri due premi letterari all’interno della rassegna, portando ancora più frequentatori, insieme ai poeti provenienti da tutta Italia e dall’estero, sia nella cittadina e sia nei paesi limitrofi della Calabria e della Basilicata.

Nel ricco cartellone di ben nove giorni, insieme al concorso di poesia “Il Federiciano” è stato inserito il premio “Salvatore Quasimodo”, che quest’anno ha suscitato in misura maggiore l’attenzione della stampa perché rientrava nelle cerimonie per la ricorrenza del cinquantenario dalla morte del poeta siciliano. E poi, ancora, il premio “Cet – Scuola Autori di Mogol”, con presidente di giuria lo stesso Mogol, che concede al vincitore la possibilità di frequentare la prestigiosa scuola per autori che il noto autore (appena nominato presidente della Siae) ha aperto nella sua tenuta ad Avigliano Umbro. Tante sinergie, a cui si unisce l’amore per la cultura dei frequentatori della manifestazione che ha dato quel “quid” in più ad ogni evento in programma: le serate con Michele Placido, Mariella Nava, Mimmo Cavallo, Silvia Mezzanotte con la Melos Orchestra, la Rino Gaetano Band e il più importante poeta georgiano Dato Magradze.

Il modello, che ha dato vita a tutto ciò, si basa su una idea semplice ed efficace, pensata dall’editore e poeta Giuseppe Aletti: creare “Il Paese della Poesia”, ovvero la dimora ideale di tutti i poeti e degli amanti della poesia a Rocca Imperiale, suo paese d’origine. Le vie del centro storico sono state dedicate ai poeti, e la poesia viene utilizzata come arredo urbano, con le stele di ceramica, affisse alle facciate delle case, che riportano i testi di intellettuali italiani e di fama mondiale, ma anche di autori emergenti scelti tra i partecipanti al concorso di poesia. Un’idea che in molti hanno cercato, e cercano di copiare, come lo stesso ideatore ha dichiarato qualche giorno fa, denunciando un altro recente tentativo di imitazione, ma si sa che le idee sono sacre e vanno tutelate (la manifestazione è infatti coperta da copyright e il marchio è registrato).

Ristoratori, bar, B&B, comuni cittadini (che si sono improvvisati imprenditori mettendo a disposizione le proprie case private, rispondendo alla ingente domanda di alloggi), sono stati raggiunti dalla forza del festival che ha avuto una ricaduta economica su tutto il territorio dell’Alto Jonio Cosentino, portando un beneficio incommensurabile. «Ci vorrebbe un “Federiciano” al mese!» – è stato il commento di uno di loro, grato al festival per aver portato tanta vivacità.  

Viavai di gente, improvvisate esibizioni dei “poeti federiciani” ai tavolini di un bar o sulla navetta comunale, artisti noti che vivono il borgo, hanno descritto un’altra bella pagina della storia di questo progetto, che vive anche in inverno, grazie ai turisti che scelgono Rocca Imperiale per inoltrarsi tra i suoi vicoli dove è custodita una vera e propria antologia poetica a cielo aperto.

Stanco ma soddisfatto, Aletti ha così commentato: «Fin dalla prima edizione il mio impegno è stato quello di creare un evento che portasse beneficio agli abitanti di Rocca Imperiale. E questa decima edizione è stata quella che maggiormente ha fatto registrare presenze qualificate con numerosissime persone che hanno soggiornato per tutta la durata del festival».