Il rigassificatore a Gioia Tauro non è un’opera strategica ma solo un’idea sciagurata

Come ampiamente prevedibile, il posizionamento strategico nella realizzazione dei rigassificatori a Ravenna, Piombino, Porto Empedocle e Gioia Tauro, segna una evidente continuità in materia di scelte energetiche, tra il Governo uscente e quello in carica. Una direzione ostinata e contraria a qualsiasi forma di transizione ecocompatibile verso le rinnovabili e un futuro green de-carbonizzato e de-gassificato.
E anche con il governo regionale non va meglio. Il Presidente Occhiuto lancia continuamente comunicati che non sembrano tenere conto di quanto previsto dalla stessa Europa, proponendo addirittura l’autonomia differenziata in materia energetica, inceneritori, discariche e oggi il rigassificatore galleggiante, domani quello a terra, tutte scelte distanti dalla sostenibilità ambientale, economica e territoriale; in una corsa frenetica e con una vision che adotta come scusa quella di fare della Calabria un hub del Mediterraneo ma, di fatto, la rende crocevia di interessi finanziari e di speculazioni in mano alle multinazionali e alla criminalità, e, al contempo, la avvelena irrimediabilmente.
Oggi il prezzo del gas è deciso ad Amsterdam in un mercato “libero” dove le regole non contano, dove il prezzo schizza in pochissimo tempo da 20€/MWh a 340€, dove i fornitori come Eni fanno il 600% di profitti in più in un anno, dove lo stesso Ministero dell’Economia italiano pur avendo una partecipazione in Eni S.p.a. non conosce fino in fondo gli accordi stipulati, dove una società come Sorgenia, socia con Iren del progetto sul rigassificatore di Gioia Tauro-San Ferdinando-Rosarno, è stata salvata dal fallimento, con un debito record di 1,8 miliardi, dalle stesse banche che ne erano debitrici. La scusa della guerra di Putin e la necessità di rifornirsi al più presto da altri Paesi sembrano cozzare quando, sulla materia prima, gli extraprofitti sono così consistenti. Ma soprattutto anziché puntare ad essere indipendenti energeticamente, l’Italia e la Calabria farebbero da stoccaggio e transito verso altre nazioni europee, accollandosi così tutto il peso ambientale e gli elevati rischi di incidenti.
I giornali e le televisioni non raccontano il tasso di inquinamento prodotto per estrarre il gas, per la sua combustione, per il trasporto, fortemente climalterante ad effetto serra, 86 volte più inquinante di una tonnellata di CO2. Ma l’ex Ministro Cingolani, oggi consulente del “nuovo” governo, ha pronta la ricetta per sostituire il gas russo con il GNL gas naturale liquefatto, importato dagli Stati Uniti, dal Medioriente e dall’Africa; e allora spuntano le navi gasiere galleggianti, ma nessuno spiega che comprimere il gas 600 volte a – 161°C può, in caso di fuoriuscite, avere effetti disastrosi assicurati, o che a Piombino l’area marina attorno al rigassificatore a pochi chilometri dalla costa è interdetta alla navigazione, o che ogni nave per trasportarlo in Europa brucia mezzo milione di tonnellate di gasolio in un solo anno, o che i pozzi di estrazione, costruiti facendo esplodere i terreni e le rocce, hanno bisogno di acqua ad alta pressione, sabbia e additivi chimici, per i quali bisogna movimentare tanti mezzi a loro volta inquinanti.
Ma allora cui prodest? Di certo ai venditori, ai fornitori, all’Impresa di rigassificazione, sia galleggiante che su terraferma, che incassa ricavi di una quota fissa pari al 71,5% per un periodo di vent’anni decorrenti dall’anno in cui parte il servizio di rigassificazione, sotto forma di aiuti di Stato che verranno spalmati sulle bollette delle nostre utenze domestiche, anche nel caso l’impianto non entri in funzione!
Il progetto di Gioia Tauro, in particolare, che punta a costruire il più grande rigassificatore d’Europa con 12 miliardi di metri cubi di gas espansibili a 16, vede tutti trasversalmente d’accordo, nonostante lo stesso impianto sia stato bocciato per ben due volte e, sempre per gli stessi motivi, dal massimo organo terzo esistente in Italia, il Consiglio Superiore dei Lavori pubblici, sostanzialmente per l’elevata sismicità dell’area di ricaduta dell’impianto, attraversata da una faglia attiva, la stessa che ha generato l’evento sismico tra i più devastanti che colpirono il Territorio, il Terremoto del 1783, di potenza pari all’XI° della Scala Mercalli proprio nella Piana di Gioia Tauro, e inoltre per il passaggio delle tubazioni criogeniche che trasportano il gas in un’area che si è scoperto essere soggetta a liquefazione, pertanto in occasione di un evento sismico consistente, si trasformerebbe in una palude di sabbie mobili, in grado di inghiottire tutto ciò che di esistente vi è in superficie.
Un’area, quella di Gioia Tauro già devastata da opere altamente impattanti per inquinamento e rientranti nella direttiva “Seveso III”, quali la prima linea di un inceneritore, l’unico in Calabria, una centrale turbogas, un elettrodotto ad altissima potenza ed un porto che, per dare spazio al traffico delle metaniere in partenza ed arrivo, dovrebbe fermare le sue attività di transhipment, equivalenti a 110/120 navi container ogni mese. Questi rigassificatori, per quanto ci si possa prodigare a definirli sicuri, non possono essere realizzati dove esiste un rischio di tale entità e in Calabria, ogni 100 anni circa si verifica un evento sismico devastante. Questa periodicità deve essere considerata un campanello di allarme! Pertanto non riteniamo “sicuro” costruire proprio qui una simile struttura. E se la storia ha un suo peso, quanto accaduto in Giappone con una centrale nucleare, in seguito ad un terremoto, ci dovrebbe far ricredere sulla possibilità di poggiare impianti di questo genere, in territori riconosciuti ad altissimo rischio sismico.
Per quanto riguarda il dato occupazionale le stesse unità lavorative non sarebbero tali da giustificare la scelta ed è bene ricordare che ben altri impianti e filiere produttive sostenibili frutterebbero molto più di 125 addetti, salvaguardando il territorio e il mare. Inoltre le maestranze richieste ad alto profilo di specializzazione non sarebbero rintracciate in Calabria, pertanto nessuna forma di compensazione ne riceverebbe la comunità e il territorio. Per cui si assisterà ad assunzioni che nel giro di un anno spariranno, lasciando il posto solo ai profili specialistici, ma tanto basterà a decantare di aver assunto centinaia e migliaia di lavoratori.
E infine, ultimo ma non ultimo, l’auspicato abbassamento dei prezzi delle bollette per cittadini e imprese non si verificherà, e, assisteremo ancora una volta al solito modello di profitto in salsa ordoliberista che arricchisce solo i ricchi ed è predatorio verso i territori.
Insomma il rigassificatore rappresenterebbe l’ennesima mazzata per un territorio già troppo martoriato. Questo progetto, insieme al raddoppio dell’inceneritore, così come il Ponte sullo Stretto che dovrebbe veder partire proprio dal comprensorio della Piana di Gioia Tauro la rampa ferroviaria per l’attraversamento dei treni, rappresenterebbero la cancellazione di ogni prospettiva per questi territori, trasformati in aree di servizio per le altre regioni e nazioni, piegandone ogni vocazione a interessi altri e condannando i nostri figli all’emigrazione. Chi è salito al Governo al motto “L’Italia agli italiani!” continua a vedere la nostra terra come una colonia. Se non vogliamo che sia questo quello che ci attende serve uno scatto di orgoglio da parte delle popolazione tutta. Ne va del futuro nostro e dei nostri figli.