“Il Vento e il Filo”. La scrittura apre le porte del reale e dell’inconscio

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«Si cerca sempre di dare un senso logico all’esistenza, si riesce in alcune cose e in altre no, e la meta sarà un punto a volte vicino e a volte lontano, spesso irraggiungibile». E’ alla ricerca di un senso della vita e della scrittura l’autore Gianni Attilio Ferrari nella sua opera “Il Vento e il Filo”, pubblicata nella collana “Altre Frontiere Britannia” dell’Aletti editore. «Il bilinguismo amplia la platea a cui è rivolta la raccolta poetica e attraverso la musicalità della lingua, aiuta a far pervenire i messaggi più profondi dei testi». La raccolta poetica è, infatti, tradotta in inglese dal professor Gianluca Sorrentino – docente e coordinatore didattico della sede di Roma dell’Istituto SSML “Carlo Bo” – che ne ha curato anche la Postfazione.

«Il titolo dell’opera – spiega Ferrari, autore di Milano che ha lavorato in qualità di tecnico in alcune radiologie e medicine nucleari d’Italia – nasce da due elementi collegati: l’ispirazione e l’osservazione. Il primo è il Vento che nasce improvviso, istintivo e dirompente; il secondo è l’osservazione, cioè il Filo che funge da conduttore e catalizzatore di tutti gli elementi visibili e non, che danno luogo alla nascita del vento poetico». Nel libro sono affrontate diverse tematiche: l’ambiente e la natura, la morte e la vita, la malvagità umana, la sofferenza, il futuro e il divenire dell’uomo. «Non è facile – scrive, nella Prefazione, Alessandro Quasimodo, poeta e regista teatrale, figlio del Premio Nobel per la Letteratura, Salvatore Quasimodo – selezionare la parola, la sintassi che si prestino a dare voce a quella materia magmatica che dall’inconscio si fa strada. L’atto creativo si manifesta con un’ispirazione che deve essere poi verificata da un lavoro di revisione contenutistica e formale. Si avverte l’impulso in modo confuso e intenso. Sfuggono i termini dettati dalle sensazioni che affiorano». L’autore crea un rapporto empatico con il lettore, in uno stile che intreccia il reale – da cui attinge ed è ispirato – e la fantasia che, a tratti, appare in alcuni componimenti. «Gli elementi stilistici riconducibili alla mia scrittura sono di stampo classico, quindi metrica, rima baciata, alternata o senza. Come descrivo in un mio componimento dal titolo “Anima”, non sono un letterato, ma lettore e autodidatta, irriverente e mina vagante».

Per Ferrari la scrittura è una sorta di grimaldello che apre e chiude le porte dell’inconscio, dell’immaginario e del reale. «Nella brevità e concisione de Il Vento e il Filo, – scrive, nella Postfazione il professor Sorrentino – Gianni Attilio Ferrari è in grado di coniugare verve stilistica e immediatezza espressiva, conferendo ai propri versi il carattere e l’impulsività necessari a raccontare momenti e attimi di vita nel loro dispiegarsi». Ed è proprio questo che l’autore vuole trasmettere al lettore. «Il reale, sia del passato che del presente, e possibilmente ipotizzare dalle sue scelte il futuro».

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