‘Ndrangheta: Siclari, sono convinto che c’é stato un errore

“Sono convinto che c’è stato un errore che verrà chiarito facendo leva sulle carte dell’inchiesta. Conservo il rispetto verso il lavoro dei magistrati e sono certo che ci sarà Giustizia. Non ho mai dato niente in cambio di qualcosa, né chiesto qualcosa in cambio di altro.”. Lo scrive il senatore di Forza Italia Marco Siclari in un lungo post sulla sua pagina Facebook.
“Dopo le notizie uscite sulla stampa – aggiunge Siclari – sento il dovere e la responsabilità morale di fare chiarezza nel rispetto di chi mi conosce, di chi mi ama, di chi mi ha votato, dei miei colleghi, di chi crede nella mia persona, nella Giustizia e nei giovani che non si piegano. Pensavo fosse uno scherzo. Non avrei mai e poi mai e poi mai e poi mai potuto pensare fosse vero. Quando sei certo di aver rispettato e onorato in ogni momento della tua vita la Legge, lo Stato, la famiglia, i cittadini, i tuoi amici, i tuoi pazienti, i bisognosi, la magistratura, le forze dell’ordine e dormi così sereno che non senti il campanello alle 6 del mattino che suona per quasi 30 minuti (così ha detto il portiere) e poi ti svegli trovando un messaggio in segreteria che ti riporta nel buio della notte, ti crolla il mondo addosso”. “Improvvisamente, dopo 42 anni di vita vissuta nel rispetto della Legge, dello Stato, della famiglia, del prossimo, dei cittadini e dopo cinque anni fatti da Consigliere comunale in maggioranza a Roma Capitale – dice ancora Siclari – improvvisamente mi ritrovo accusato di ‘voto di scambio politico mafioso’ in Calabria senza aver mai aver incontrato mafiosi o fatte promesse o effettuato raccomandazioni. Mi viene contestato di aver avuto un incontro nella mia segreteria politica (non casa o a cena o altro), che come tutte le segreterie politiche di Italia è aperta a tutti i cittadini in campagna elettorale, con un signore ritenuto vicino a delle famiglie mafiose. Questo signore, ho letto dalle carte dell’inchiesta, all’epoca risultava persino innocente perché’ assolto in un processo di primo grado ma con un processo in appello pendente ancora senza giudizio, quindi per lo Stato incensurato. Questo signore sarebbe stato accompagnato nella mia segreteria (aperta a tutti e davanti a tutti i collaboratori), per 30 minuti di incontro, dal medico curante del figlio. Questo medico curante è il presidente della più importante cooperativa dei medici di famiglia di Reggio Calabria, dove 84 medici di famiglia fanno capo a lui, nonché attuale responsabile dei medici di famiglia nella task force istituita dall’Azienda sanitaria per l’emergenza Coronavirus a Reggio Calabria. Il presidente della cooperativa dei medici di famiglia di Reggio Calabria era considerato, fino ad ieri (sono certo che dimostrerà la sua estraneità), uno tra i professionisti più in vista di Reggio Calabria. Un politico, come il sottoscritto, tutto può pensare tranne che una persona così seria, un professionista spendibile e preparato, possa presentarsi ad un appuntamento con un ‘mafioso’. Ribadisco che, il giorno in cui questo signore viene accompagnato (non ricordo di aver parlato) nella mia segreteria politica aperta a tutti e alla luce del sole, per lo Stato italiano risultava un cittadino incensurato ed addirittura assolto in primo grado. Mi domando come potevo mettere in dubbio l’onestà di quella persona che era stata accompagnata dal presidente e che allora era oltretutto incensurato ed ‘innocente’ per i giudici italiani? Come potevo sapere chi fosse e cosa avesse avuto in passato o nel presente se vivo a Roma da 22 anni e non avevo mai avuto rapporti con il signore in questione nè prima, nè dopo quell’unico incontro (qualora fosse avvenuto l’incontro)? Non avrei mai potuto sapere chi fosse quel signore, nè i presunti legami che oggi vengono contestati a quel signore; diversamente non gli avrei mai permesso di parlare con me. Non posso conoscere tutti coloro che vivono in Calabria o a Reggio Calabria e certamente, conoscendo il medico, non avrei mai pensato che potesse presentarmi un cittadino condannato o pregiudicato che di fatto non lo era”. (ANSA).