Nota Stampa UIL Calabria

La decisione del Governo Conte di scendere in Calabria per riunire il Consiglio dei ministri è un fatto positivo ma, allo stesso tempo, non ci rende entusiasti. Vorremmo andare in controtendenza, tralasciare le diatribe campanilistiche sul luogo in cui questa riunione dovrebbe tenersi, e rimanere ancorati alla realtà dei fatti.
I problemi del Mezzogiorno, i ritardi della Calabria, sono ben noti alla classe politica e all’opinione pubblica italiana. Adesso che si avvicina la tornata elettorale per le europee non vorremmo che questa visita istituzionale, peraltro non una novità per la Calabria, finisse per inflazionare la figura del premier Conte.
Ciò che vorremmo, invece, è che il Governo risolvesse le problematiche di questo territorio. Vorremmo che il premier Conte ed i suoi ministri, ognuno per le proprie competenze, facessero giungere in Calabria più uomini e mezzi per il contrasto alla criminalità organizzata, riuscissero a migliorare la condizione della sanità calabrese, ormai commissariata da anni, dessero una stabilizzazione alle migliaia di lavoratori precari che da anni mandano avanti la macchina burocratica degli enti locali calabresi, creassero le condizioni per favorire l’insediamento di importanti realtà produttive, dessero risposta ad alcune vertenze irrisolte del nostro territorio, a partire da Gioia Tauro. Atti e fatti concreti sostenuti da cronoprogrammi chiari e definiti. Per il Mezzogiorno, partendo dalla sua realtà più fragile, è arrivato il momento che il governo, per rilanciare il Paese profonda una azione politica e amministrativa straordinaria. Il Sindacato Confederale unitario, lo farà a giugno con una grande manifestazione a sostegno del Sud, per la ripresa della nazione.
Vorremmo che il Consiglio dei ministri desse una svolta concreta nell’infrastrutturazione di un territorio che stenta a collegarsi con il resto della penisola, riavviando gli investimenti pubblici e sostenendo quelli privati.
Come sostenuto dal nostro Segretario generale Carmelo Barbagallo per far ripartire il Sud e con esso l’intera Nazione, è necessario l’avvio di un nuovo Piano straordinario che favorisca il coinvolgimento di aziende di Stato in favore dello sviluppo regionale.
Il nostro desiderio più grande, poi, sarebbe quello di vedere realizzarsi a casa propria tutti quei giovani che, invece, sono stati costretti a lasciare la Calabria e l’Italia per affrancarsi e vedere trasformati in un lavoro concreto i propri sforzi e quelli delle famiglie che li hanno sostenuti durante il percorso di studi.
Nei nostri auspici, ancora, potrebbe esserci quello di vedere rientrare in Calabria un “plotone” di professionisti in grado di mettere a sistema le preziose doti economiche messe in campo dall’Europa, trasformandole in progetti concreti e opere tangibili.
Quello che emerge dalla lettura dei dati riferiti ai Patti per il Sud – che avviati dal governo Renzi e sostenuti da quello Gentiloni dovevano rappresentare una risposta concreta ai ritardi del mezzogiorno- che hanno trovato ampio spazio sugli organi di stampa regionali è una lentezza inaccettabile nella cantierizzazione delle opere programmate.
Il Mezzogiorno non ha bisogno di assistenzialismo ma di vedere realizzati i programmi che, in questi anni, sono stati messi in campo per facilitare una rivoluzione che, ancora oggi, stenta a farsi concreta. Il Sud ha bisogno di una classe politica capace, moderna e preparata. La Calabria ha la necessità di ritrovare un governo regionale che sia puntuale nello sviluppo dei programmi politici che sono stati promessi ma mai mantenuti. La giunta regionale e il suo presidente, rigetti l’alibi di un governo nazionale non più amico e metta mano ad un’agenda di fine legislatura che offra ai calabresi la reale possibilità di un cambiamento.
In questi ultimi anni, i Governi che si sono alternati alla guida del Paese hanno derubricato dalla loro agenda la questione meridionale. E come sostenuto da Carmelo Barbagallo: i risultati si vedono. É aumentata la distanza tra Sud e Nord del Paese, sono aumentati i giovani disoccupati nel Mezzogiorno, sono carenti le infrastrutture, anzi, quasi nulle; nel Mezzogiorno non circolano né le persone né le idee, né le merci.
La prima cosa che potrebbe fare questo Governo che si auto definisce del cambiamento, sarebbe quella di avviare un tentativo concreto per superare il gap economico, sociale e culturale che sta dividendo l’Italia in due e allargando le distanze fra un Nord che nonostante le difficoltà avanza ed un Sud ormai quasi rassegnato al suo destino.

Santo Biondo
Segretario generale Uil Calabria