Restare nel baratro o risalire?

In seguito all’arresto di un consigliere comunale e di un presidente di seggio, a causa di vicende legate a brogli elettorali nelle amministrative 2020 di Reggio Calabria, abbiamo assistito allo sfoggio delle più disparate dichiarazioni di indignazione da parte dei vari esponenti politici, nonché degli ex candidati e di coloro che oggi fanno parte dell’Amministrazione comunale.
Da più parti si è affermato di aver rilevato delle anomalie sui risultati elettorali e si è invocato, oggi, il ritorno alle urne, seppur tra gli indignati chi ha avuto la possibilità di avanzare il ricorso amministrativo per rientrare tra gli eletti in Consiglio comunale vi ha stranamente rinunciato.
Ne approfittiamo per precisare, per tutti i dissenzienti in genere, che le anomalie ed i sospetti di brogli non vanno segnalati solo sui quotidiani, bensì presso le sedi competenti, ossia la Procura della Repubblica e l’Ufficio di Prefettura, così come abbiamo fatto in qualità di partecipanti alle elezioni con la lista MITI Unione del Sud.
Inoltre sarebbe stato opportuno che la diligenza sugli aspetti procedurali fosse stata manifestata, da parte di tutti i candidati, durante il periodo elettorale quando vi è stato l’obbligo di raccogliere un numero minimo di sottoscrizioni per poter partecipare alle stesse amministrative.
Infatti, auspichiamo che tutte le liste, soprattutto quelle appartenenti alle coalizioni, abbiano rispettato gli obblighi sulle autenticazioni delle firme in presenza di un pubblico ufficiale ed il divieto di far sottoscrivere più liste ad uno stesso elettore.
Ma tornando alle cacofoniche dichiarazioni del momento, ci sembra giusto riportare l’attenzione sul problema di maggior rilievo per il nostro territorio.
In altre parole, il dramma principale non è tanto la possibile alterazione dei risultati utili a determinare l’ingresso in Consiglio comunale di un esponente politico piuttosto che di un altro, quanto la presenza di un sistema socio-politico incancrenito che da anni inficia il corretto funzionamento della pubblica amministrazione in qualsiasi settore.
E tale sistema certamente non può essere sconfitto ritornando semplicemente alle urne in quanto finirebbero, in un modo o nell’altro, per riconfermarsi gli stessi personaggi, o i loro affini, il cui operato si pone all’antitesi del benessere collettivo.
Non ci sta bene pertanto che oggi si cerchi di circoscrivere la vicenda come iniziativa di uno o pochi soggetti, così come non accettiamo le dichiarazioni dei vari candidati che fanno finta di cadere dal pero o che cercano di ripulirsi l’immagine, considerato che indagini, procedimenti e condanne sembra che ormai siano divenuti elementi curricolari invece che limiti per l’accesso alle sedi istituzionali ed agli incarichi pubblici.
Sono anni che denunciamo pubblicamente la presenza di un sistema incancrenito, di una rete di relazioni opportunistiche che non conosce colore politico e la cui massima espressione è rinvenibile proprio nei partiti, dato che la loro struttura verticistica e la necessità di rappresentarsi in Parlamento pone l’obbligo di raccogliere il più alto numero possibile di voti invece che agire per la selezione sulla qualità degli associati e dei candidati.
E’ facilmente intuibile pertanto che in un territorio come il nostro, con rilevanti criticità economiche e sociali, ad aver la meglio alle urne, fin oggi, siano stati proprio coloro che si sono dati alla compravendita di voti ed ai brogli elettorali, nelle migliori delle ipotesi c’è chi si è limitato ad elargire promesse di ogni sorta consapevole dell’ignavia dei propri elettori.
Come se non bastasse, consci del malcontento generale e con l’intento di aumentare i propri consensi, non hanno tardato gli approfittatori a camuffarsi da liste civiche anti sistema, pur continuando per interessi personali a strizzare l’occhio ai partiti oppure ad utilizzare scientemente la contrapposizione tra le vetuste ideologie di sinistra e di destra.
Una precisazione doverosa per coloro che ancora ci chiedono i motivi per cui abbiamo rifiutato di far parte di pseudo poli civici, in realtà incentrati alla mera corsa dei numeri e dei seggi, ed a maggior ragione abbiamo scelto di non sostenere le due coalizioni partitiche al ballottaggio, visto che sono concausa del mancato sviluppo territoriale.
Ecco perché crediamo che l’intervento della magistratura, per quanto lodevole, non possa impedire che il sistema socio-politico vigente continui a sfornare elementi immeritevoli di entrare nelle sedi istituzionali, né possiamo sperare sempre negli interventi repressivi ex post, ossia una volta causato il danno in capo alla collettività.
Pertanto spetta proprio a noi cittadini mettere un punto a questo infelice periodo storico, rimboccarci le maniche per creare una nuova classe amministrativa che abbia come priorità lo sviluppo del proprio territorio e non le perverse logiche di partito o altro interesse personale.
Una responsabilità che chiunque sia veramente stufo di vivere tra degrado e disservizi, di vedersi concesso quasi come favore ciò che spetta di diritto, non può più demandare. Insomma, per attuare un reale cambiamento è necessario prendere una chiara e netta posizione contro il sistema incancrenito che puntualmente le cronache giudiziarie stanno portando finalmente alla luce.
Noi lo abbiamo fatto e siamo pronti a collaborare con chiunque abbia altrettanto coraggio.
Per i cittadini facenti parte del MITI Unione del Sud, il presidente Fabio Putortì