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Tirocinanti Calabresi: Noi figli di nessuno e la nostra vicenda è l’emblema della pessima gestione della polica nel nostro paese

Vergognosa è l’indifferenza che continua a registrarsi riguardo alla vertenza dei tirocinanti calabresi da parte della Giunta regionale Santelli e da parte dell’attuale governo PD-M5S. Da una parte la mancante liquidazione delle spettanze ai tirocinanti stessi (500 € e ricordiamo come sempre che i tirocinanti non vantano alcun diritto contributivo e soprattutto previdenziale quindi si parla sempre di lavoro nero legalizzato) e dall’altra la mancanza di un piano vero e proprio in ottica stabilizzazione futura dei tirocinanti stessi che continuano a sopperire alla sempre affannosa e cronica carenza di personale in Enti e Ministeri (Tribunali,Miur,Mibact). Il comparto dei tirocinanti come ricordiamo bene è costituito da persone giovani e meno giovani, uomini e donne, madri e padri di famiglia, lavoratori disoccupati e lavoratori ex mobilità in deroga, con quell’espulsione dal mercato del lavoro che rischierà di diventare cronica per queste persone che, dopo anni di tirocini, non si vedono tutelate dall’ adozione di politiche efficaci, rischiando di disperdere quel bagaglio di competenze formative e culturali di cui sono portatori sani i tirocinanti calabresi stessi. L’attuale assessore al Lavoro della Regione Calabria Fausto Orsomarso, continua a non attenzionare l’attuale governo PD-M5S (come l’attuale assessore regionale al Welfare Gianluca Gallo) nel trovare soluzioni concrete e definitive in ottica stabilizzazione futura dei tirocinanti che continuano a rappresentare quel bacino di lavoratori a cui si continua a negare qualsiasi risposta seria e definitiva affinché sia garantita una piena dignità del lavoro. Si sollecita anche l’intervento della triade sindacale (CGIL, CISL, UIL) finora lacunoso e carente nel dare una voce concreta alla vertenza dei tirocinanti calabresi. Seguiranno aggiornamenti e per concludere : “Felice colui che ha trovato il suo lavoro; non chieda altra felicità.“ (Thomas Carlyle)