USB: l’ultimo DCA mette a rischio la salute dei calabresi in piena emergenza COVID-19

Con la conferma dell’ISS abbiamo l’ufficialità del primo caso di COVID-19 in Calabria. Era statisticamente inevitabile che questo avvenisse, così come è inevitabile che altri casi presto o tardi si presenteranno nella nostra regione.
Quello che si può evitare invece è che una emergenza epidemiologica, non tragica ma sicuramente preoccupante, assumi dimensioni drammatiche per la nostra terra. Ma questo si può fare solo predisponendo per tempo tutte le contromisure necessarie, intervenendo subito su un sistema sanitario che già prima dell’emergenza virale era assolutamente carente.
Per evitare il peggio non basta seguire le linee guida ministeriali come nella altre regioni, ma va attuato un piano sanitario straordinario ad hoc per la Calabria, che dreni nuovi risorse nel nostro sistema. E va fatto immediatamente.
Già prima dell’emergenza, infatti, si sentiva il bisogno di un piano di investimento straordinario per l’assunzione di nuovo personale, per rafforzare la rete di presidi sanitari locali e aumentare il numero di posti letto disponibili. Basti pensare ad un solo dato: mentre la media nazionale è circa 4 posti letto ogni 1000 abitanti, nella nostra regione non solo siamo fermi a 2,5 ma la cosa peggiore è che il trend è in diminuzione. Sotto questo punto di vista l’arrivo del covid-19 deve solo accelerare un processo di adeguamento del sistema già necessario e fortemente richiesto da tempo.
Visto questo scenario, ci preoccupa molto il DCA n.57 del 26/2/2020 di adozione del Programma Operativo 2019/2021. Tale documento infatti, nonostante sia stato licenziato in piena crisi epidemiologica, non fa altro che ripercorrere gli errori passati avendo come unico obiettivo quello di fare cassa sulle spalle della sanità pubblica calabrese.
Troviamo insufficiente il numero delle 429 nuove assunzioni previste dal piano, numero che a chiunque apparirà troppo esiguo se si considera il fatto che da quando la Calabria è stata sottoposta al piano di rientro si sono perse 3700 unità lavorative mai rimpiazzate.
Troviamo preoccupante che si continui a perseguire la logica della chiusura dei reparti e della riduzione dei posti letto proprio in un momento in cui è vitale decongestionare i pronto soccorso regionali, dando la possibilità di accesso nei vari reparti ai malati.
Troviamo anche inaccettabile la logica che a pagare siano sempre le strutture pubbliche, senza ledere minimamente le cliniche private convenzionate, considerando anche l’inadeguatezza delle stesse ad affrontare l’emergenza virale in atto.
Inoltre, non riusciamo a spiegarci come sia stato possibile varare un Piano Operativo con valenza triennale senza svolgere una adeguata indagine epidemiologica. Piano che si dimostra fragile e inadeguato, visto che appena pochi giorni dopo il suo varo ha avuto bisogno di numerose correzioni. Come nel caso della chiusura, prima disposta e poi ritirata, del reparti di chirurgia di Cetraro e Rossano o alla paventata chiusura delle guardie mediche nel catanzarese o alla poca chiarezza riguardo il pronto soccorso di Castrovillari.
Tuttavia quello che macroscopicamente salta agli occhi è la perversa logica secondo la quale si preferisce chiudere reparti per carenza di personale piuttosto che assumerne di nuovo.
Viste le evidenti falle di un documento che andrà a decidere l’assetto strategico del sistema sanitario regionale per i prossimi tre anni, e vista l’emergenza COVID-19, con la presente chiediamo ufficialmente un incontro alla presenza dei commissari, con i vertici regionali e ministeriali per discutere tanto le criticità del sopracitato DCA quanto la stesura di un piano sanitario straordinario che garantisca ai calabresi un idoneo diritto ala salute.
Catanzaro, 2 marzo 2020