Villa Romana di Casignana: Celebrata la giornata dell’infinito

Nonostante Pino Toscano, richiamando il Principe Antonio De Curtis, avesse consigliato ai relatori di cedere all’apologia della “futilizzazione”, quelli l’hanno ampiamente disattesa, pur senza rinunciare alla “leggerezza” e alla “agilità” dei pensieri che hanno consegnato ad un pubblico attento e numeroso. Sarà stato il racconto di Antonio Crinò, curatore della logistica dell’evento, o le suggestioni di Oreste Romeo, organizzatore della rassegna, fatto sta che tra antichi edifici, immanenti testimonianze ed immensi mosaici s’è discusso di Infinito, di ciò che s’intuisce soltanto e che non è misurabile.
Nino Spirlì, dal canto suo, aprendo i lavori del Convegno ha subito messo le mani avanti, inscrivendo nel racconto del cerchio familiare la vastità del Tempo e le permanenze di uno Spazio che divengono Istante Eterno nell’abbraccio amorevole di una Madre e negli insegnamenti di un Padre al loro Figlio.
E la parabola così sapientemente tracciata dal moderatore è stata poi seguita dal raffinato ragionamento di Francesca Tomasello, capace di domare l’Austera indole di Anassimandro e di Platone, di Kant e di Nietzsche, che di Infinito se ne intendevano. E tra gli abissi dei secoli la Tomasello si spingeva con audacia, fino a far cogliere agli astanti la cifra di una Filosofia divenuta un atto essenziale della vita, come il mangiare e il bere, talmente quegli elementi del ragionamento si impastavano e si animavano.
Ma Infinita è anche l’attesa di perfezionamento di un territorio incapace di leggere documenti ed attestati, bellezza e storia. Ne hanno parlato Grazia Gioè e Sandro Casile, i quali, percorrendo le trame urbane del sud e i sentieri montani di liquide montagne, hanno contrapposto “ciò che è” a “ciò che potrà essere”, in una continua tensione verso una Alleanza tra Uomo e Città, Uomo e Natura non ancora compiuta.
Ha chiuso i lavori Giuseppe Bombino, con la Nostalgia che attraversa colui che avrebbe voluto vivere “la Civiltà che costruì il Monumento e l’Arte, la Poesia, l’Opera concepita e creata per durare per Sempre”. E poi ancora avanti, nel tentativo di risolvere la “misura” di ciò che non finisce, che non termina, che non si consuma, tra Alfa e Omega, Cronos e Kairos, fino alla sera, quando la fine del giorno s’era ormai sottratta al sipario della notte, ché Infinito s’è mostrato scendendo sull’Jonio, nel ricordo del Mito, dove tutto ritorna e non ha spiegazione.
Così, con parole lievi, Oreste la Peste pronunzia la Promessa che tutti attendevano: ci vedremo l’anno prossimo, proprio qui, tra terra e mare, mare e cielo, storia e racconto, edificio e pietra. Ci vedremo qui … tra un anno … e che volete che sia … se non un frammento di Infinito.