“Il fenomeno migratorio, punti di vista”(part. 1)

Al. Tallarita: Il fenomeno migratorio e il concetto di straniero, possono essere analizzati e concettualizzati secondo varie prospettive, talvolta discordanti. La reazione nei confronti degli immigrati, che sia pro o contro, è sostenuta da principi antropologici sociali e politici opposti. Non é affatto scontato che chi di umanità si occupi, veda di buon occhio questa emigrazione esasperata. Causa di un mondo globalista che costringe l’essere umano a non essere stanziale con le sue spietate leggi economiche. Riconducendolo ad una condizione di apolide, che riporta quasi agli albori dell’umanità, quando l’uomo era costretto a spostarsi. La stanzialità lo avrebbe portato a delimitare i limiti del campo, dai quali sarebbero nati i confini, poi le nazioni e le società all’interno di esse. L’emigrazione c’è sempre stata, alternata a momenti di crescita o decrescita mantenendosi equilibrato nel tempo. All’interno del Cattolicesimo, per esempio, i capi della Chiesa si sono espressi in modo diametralmente opposto: Papa Giovanni Paolo II si soffermava ad esempio sul diritto della difesa della propria patria e della propria terra, sostenendo quanto il diritto primario dell’uomo fosse la vita all’interno della propria patria. Papa Benedetto XVI sosteneva a sua volta che prima ancora che il diritto di emigrare va riaffermato il diritto a non-emigrare. Opposte le affermazioni dell’attuale pontefice Papa Francesco, che si allontana dal puro dogma dottrinale già con la missiva sulla giornata mondiale del migrante e del rifugiato dal titolo: Accogliere, proteggere, promuovere e integrare; dove difendeva lo Ius soli. E si pronunciava in temi propri del potere legislativo, annunciando quanto: lo ‘status migratorio’ non dovrebbe limitare l’accesso ad assistenza sanitaria nazionale, sistemi pensionistici o trasferimento dei contributi nel caso di rimpatrio. Ricordiamoci che lo Stato moderno si fonda sulla divisione dei ruoli e dei poteri religioso e politico. Convizioni le sue, concretizzatesi in ulteriori dichiarazioni sull’immigrazione e lo straniero. Ma la sua ‘captatio benevolentiae’ poco convince rispetto al forte sentito di misericordia di Benedetto XVI, così come di Giovanni Paolo, apostolo nel mondo, prima di lui. Entrambi animatori di un discorso impregnato di fede evangelica e secolare cultura teologica e storica. Quello che viene da chiedersi e dove siano: lo spirito guerriero di Sant’Ignazio di Loyola, o il vero spirito Francescano di cui ha voluto vestire il nome. Per assurdo che sembri la contraddizione, lo stare altrove, del mondo cattolico rispetto al ‘mondo’ intriso del concetto del peccato, giova alla continuità della Chiesa stessa. Specialmente in un momento di crisi del contemporaneo, come quella attuale.