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“Il lavoro che cambia e la sfida da affrontare”: Le lavoratrici al tempo del covid

Lamezia Terme, 16.11.2021 – Presentati a Lamezia, nella Sala Unioncamere Calabria, i risultati dell’indagine su “La lavoratrice ai tempi del Covid-19”, ideata e realizzata dal Coordinamento Donne Cisl Calabria, con il sostegno della Segreteria regionale, dopo la drammatica esperienza dell’esplosione della pandemia e del primo lockdown. A partire dal tema “Il lavoro che cambia e la sfida da affrontare”, hanno dialogato sui temi della ricerca sindacalisti, imprenditori, esperti, Regione Calabria in una tavola rotonda moderata dalla giornalista Rosellina Arturi.
«Osservando quanto avveniva durante i mesi del primo confinamento – ha spiegato nella relazione introduttiva Nausica Sbarra, responsabile Coordinamento Donne Giovani e Immigrati Cisl Calabria –, abbiamo deciso di monitorare i disagi emergenti soprattutto nella fase acuta del Covid-19. Constatavamo tra l’altro che il lavoro stava cambiando: nei giorni del lockdown, circa 8 milioni di italiani si sono trovati a lavorare da casa, prima lo facevano appena in 600 mila e spesso saltuariamente. Quali le luci e le ombre nel ricorso emergenziale e ordinario a questa modalità di lavoro? Quali le opportunità e i limiti? E soprattutto, come sindacato, quali risposte offrire ai bisogni emergenti? Il Coordinamento Donne Cisl Calabria ha deciso, quindi, di dare la parola alle donne attraverso un questionario distribuito dopo l’estate 2020. Ne è emerso un quadro significativo sia della situazione lavorativa e reddituale, sia dei servizi di welfare e conciliazione famiglia-lavoro».
Le schede – ha detto Nausica Sbarra – «confermano la fatica delle donne in presenza di figli minori o di anziani, fino in alcuni casi a rassegnare le dimissioni dal lavoro. Le aspettative sono, dunque, per un rafforzamento delle politiche conciliative e delle strutture di supporto nel territorio. La transizione forzata allo smart working ha generato giudizi abbastanza contrapposti tra chi lo ritiene uno strumento utile per favorire le politiche di conciliazione e chi non vorrebbe proseguire in tale esperienza. Altro elemento importante per chi ha continuato a lavorare è stato il tema delle condizioni di sicurezza: la maggior parte ha operato in sicurezza grazie all’applicazione dello specifico Protocollo che da subito la Cisl, unitariamente con Cgil e Uil, ha sottoscritto con il Governo. Nel questionario, anonimo, abbiamo incluso anche domande relative al tema della violenza. Anche se non in numero elevato, alcune delle donne che hanno risposto si trovano o si sono trovate a subire violenza domestica, terreno sul quale, soprattutto dal punto di vista educativo, il Coordinamento Donne Cisl della Calabria opera da tempo.
Attraversiamo una fase di grande cambiamento e riteniamo sia fondamentale operare in rete per realizzare efficaci sinergie. Come Coordinamento Donne Cisl, stiamo creando una “piazza virtuale”, uno spazio aperto per raccogliere segnalazioni, suggerimenti, diffondere informazioni, accanto ad un’azione organizzativa di tutte le strutture che possono concretamente dare una mano alle donne in difficoltà. Nel dialogo con la parte datoriale, intendiamo implementare azioni sui luoghi di lavoro attraverso la contrattazione aziendale e territoriale, prevedendo ad esempio asili nido aziendali o congedi per maternità o paternità; promuovere e sostenere azioni che favoriscano la conciliazione vita-lavoro come una riorganizzazione degli orari sulla base delle esigenze delle lavoratrici; mettere in campo iniziative in modo che le donne possano lavorare serenamente e produrre di più, come la promozione di una sensibilizzazione sulla prevenzione a favore delle donne lavoratrici nelle aziende».
«Emergono dall’indagine – ha sottolineato la responsabile del Coordinamento Donne Cisl Calabria andando verso la conclusione – anche alcune indicazioni di policy: mettere in sicurezza e rilanciare il sistema della sanità pubblica, il welfare territoriale e aziendale; investire in scuola, università, ricerca; investire in innovazione tecnologica e digitalizzazione; investire in occupazione femminile e giovanile; favorire imprenditorialità femminile; combattere le disuguaglianze di genere, generazionali e territoriali; gestire i fenomeni migratori con umanità, legalità, solidarietà e soprattutto inclusione. Le sfide da affrontare riguardano, quindi lavoro, sviluppo, legalità e contrasto a ogni forma di violenza e discriminazione, impegno sociale, salute e sicurezza sui luoghi di lavoro».
Anna Rosa Munno, responsabile OCSEL Cisl Confederazione nazionale, ha illustrato analiticamente i risultati dell’indagine (sintetizzati nella scheda inserita di seguito a questa nota). Sono stati raccolti, analizzati e studiati – ha spiegato tra l’altro – 1.350 questionari in cui le donne residenti nelle cinque province calabresi si sono raccontate e dalla cui analisi emergono molte suggestioni da approfondire. In primo luogo, la manifestazione di una fatica maggiore sopportata dalle donne durante la crisi, dovuta alla presenza nel proprio nucleo familiare di figli a carico o anziani non autosufficienti. Le misure adottate in fase di emergenza dovrebbero costituire un elemento di riflessione per un nuovo disegno del sistema di welfare. Sono emerse anche le difficoltà di molte famiglie, soprattutto se numerose, di ottimizzazione degli spazi in casa per conciliare le esigenze di lavoro e di studio con le esigenze familiari e garantire, in presenza di contagi all’interno della famiglia, forme adeguate di isolamento.
Per Marco Lai, responsabile area giuslavoristica Centro Studi Nazionale Cisl Firenze, intervenuto in collegamento internet, la ricerca offre risposte concrete da parte delle donne e può servire non solo al sindacato, ma anche alle imprese e alle istituzioni per migliorare le condizioni di un territorio. Siamo, infatti, ha evidenziato tra l’altro, tra emergenza e ripartenza. Bisogna, perciò, che tutti ci interroghiamo su quale tipo di ripartenza vogliamo: se solo dal punto di vista quantitativo (aumento del PIL), o anche qualitativo, cioè del modo in cui lavorano alcune categorie più deboli e le donne. Facendo riferimento allo smart working, Lai ha poi sottolineato che si è rivelato nella fase della pandemia una grande opportunità, ma anche una trappola, un ulteriore carico per il lavoro femminile, che ha inciso anche sulla salute psico-fisica. La ricerca della Donne della Cisl calabrese ci invita, dunque, a mettere insieme tre parole: conciliazione, condivisione, innovazione. La sfida è sul come declinarle in buone pratiche nel mondo del lavoro.
Apprezzamento per la ricerca della Cisl calabrese è stato espresso dai presidenti delle associazioni imprenditoriali intervenuti al tavolo della discussione. Le risposte al questionario, è stato osservato, sono importanti per un confronto finalizzato a migliorare la qualità e le condizioni del lavoro. Klaus Algieri, Vice Presidente Unioncamere nazionale (oltre che della Camera di Commercio di Cosenza e di Unioncamere Calabria) ha sottolineato con forza come i problemi della condizione femminile non siano risolvibili con le “quote rosa”, ma con un cambiamento culturale. L’innovazione digitale, ad esempio, è compito di tutti: è solo questione di competenze. Nel nostro territorio lo avvertiamo molto. Intervenire per affrontare e risolvere questi problemi è compito della politica e dei corpi intermedi, come – ha detto Algieri – abbiamo più volte sottolineato insieme alla Cisl, mettendo in luce l’esigenza di un patto sociale. Deve scattare il senso di responsabilità di tutti e di tutti insieme, ognuno per la sua parte. Per Aldo Ferrara, Presidente Unindustria Calabria e Vice presidente nazionale – parlare di un piano per il lavoro vuole dire creare lavoro. Oggi ci sono prospettive di crescita e il tasso di disoccupazione è in controtendenza: il problema vero, dunque, è oggi il mercato del lavoro, è chi connette domanda e offerta. In Calabria per Ferrara bisogna utilizzare la grande massa di risorse in arrivo per allargare la base produttiva, per attrarre investimenti sulla transizione digitale e ambientale, sul capitale umano. E per le donne bisogna intervenire su lavoro agile, asili nido, parità di genere, decontribuzione fiscale per chi le assume. Ma è necessario anche un poderoso piano di politiche del lavoro per incrociare di qui a brevissimo le esigenze dell’economia del futuro, per la quale sono necessarie nuove competenze. Sapendo – ha concluso Ferrare – che le donne sono ormai il 58% dei laureati e che quando raggiungono cariche di vertice le aziende crescono.
Francesco Napoli, Vice Presidente Confapi nazionale e Presidente Confapi Calabria, ha evidenziato la necessità di operare per un rinascimento del nostro territorio. Il mercato del lavoro, ha detto, accelera il processo di cambiamento nel mercato del lavoro provocato da digitalizzazione, invecchiamento della popolazione, cambiamenti climatici. Ci sono settori in fortissima crescita, altri completamente fermi. Di fronte a questo, per Napoli le parole chiave che devono dettare l’agenda di tutti gli attori impegnati sul campo sono sviluppo, nuove competenze, flessibilità, resilienza, inclusione, politiche attive. Il Pnrr è una grande occasione. Le priorità per la Calabria sono ricominciare a crescere, utilizzare tutti gli spazi che si stanno creando, investire sul capitale umano, centralità della formazione per potenziarne qualità ed efficacia. facendo rete tra imprese e sindacati. È necessario, ha sostenuto Napoli, un nuovo patto che coinvolga anche la Regione e la prima sfida sono le politiche attive del lavoro. Questa fase richiede sinergie, per cercare soluzioni sostenibili all’altezza della sfida dei tempi. E un nuovo welfare aziendale, per il quale è importante il ruolo degli enti bilaterali, è la pietra angolare del nuovo paradigma sociale.
Nel suo intervento, il Segretario Generale della Cisl calabrese Tonino Russo ha rivolto un ringraziamento caloroso al Coordinamento Donne perché con questa ricerca “sul campo” ha scelto di compiere un importante esercizio di ascolto delle donne impegnate nel mondo del lavoro, in una fase drammatica della nostra vita personale e sociale. Per Russo, «la tavola rotonda e il confronto sulla condizione lavorativa femminile tra sindacato, datori di lavoro e Regione aprono un percorso che deve proseguire». Quella delle donne è, infatti, «la categoria più colpita dalla precarietà e dalla discontinuità nel lavoro, il che significa una grave penalizzazione dal punto di vista contributivo, quindi pensioni più basse. La Cisl sta avanzando una sua proposta per un riconoscimento specifico al lavoro femminile». Nel dialogo che stiamo avviando – ha sottolineato inoltre – è importante la presenza e il contributo della parte datoriale, quella delle imprese con la “I” maiuscola, per costruire un welfare aziendale che migliori condizioni e qualità del lavoro. Dalla politica ci aspettiamo ascolto su temi importanti. Insieme dobbiamo costruire un patto sociale per la ripartenza. È quello che chiederò nell’incontro di stasera al Presidente della Giunta regionale Occhiuto.
Durante i lavori è intervenuto l’Assessore regionale ad organizzazione e risorse umane, Filippo Pietropalo, il quale ha portato al convegno il saluto del Presidente Occhiuto e della Vice Presidente Princi, sottolineando la sfida impegnativa per la Giunta della Calabria a partire dai temi della sanità e della riorganizzazione della burocrazia regionale. Nella ricerca del Coordinamento donne Cisl, ha osservato, sono state dette cose importanti. Non deve esistere disparità di genere e dobbiamo essere consapevoli che per tutti, a partire da donne e giovani, è il lavoro che rende liberi, liberi di scegliere se andare altrove o restare in Calabria per contribuire a risolvere i problemi del nostro territorio. Perciò è necessario il collegamento tra mondi dell’istruzione, della formazione, della certificazione delle competenze, del lavoro, mettendo in atto percorsi di orientamento. Come è necessario far crescere la cultura d’impresa attraverso iniziative che vadano in questa direzione, e la nuova Giunta intende incidere fortemente su questi processi, nella disponibilità al confronto con il mondo del lavoro e delle imprese, perché insieme si possono fare le cose.
La ricerca promossa dal Coordinamento Donne Cisl Calabria ha messo in evidenza la concretezza delle situazioni che quotidianamente le donne hanno vissuto nel tempo più duro della pandemia e in qualche modo continuano a vivere, ha detto Daniela Fumarola, Segretaria Confederale Cisl nazionale, nell’intervento conclusivo dei lavori. «Sono emerse aperture importanti da parte delle imprese e della Regione. È nello spirito dell’indagine su “La lavoratrice ai tempi del Covid-19” e della Cisl che non agisce mai “contro”, ma sempre “per” costruire nel dialogo con la politica, le istituzioni, i datori di lavoro, come dice lo slogan del Congresso che la Cisl sta per celebrare, “Esserci per cambiare”» «Il periodo storico che stiamo vivendo – ha sottolineato Daniela Fumarola – è particolarmente complesso, soprattutto a causa del perdurare della pandemia da Covid-19 e delle conseguenti ripercussioni che questa sta avendo sul tessuto economico e sociale italiano. È stato, ed è tutt’ora, un momento difficile per tutti. Il virus ha prodotto effetti asimmetrici penalizzando soprattutto le categorie più vulnerabili – giovani, donne, anziani, disabili – che sono state profondamente segnate da questa crisi e sono anche tra coloro che saranno destinati a subirne le conseguenze più a lungo.
Il 2021 è iniziato con una dichiarazione dell’ISTAT estremamente preoccupante: nel dicembre del 2020, su 101mila posti di lavoro persi 99mila appartenevano a donne. Un dato drammatico che però di certo non è dettato solo ed esclusivamente dalla pandemia. La grande crisi del 2008 e la recessione ad essa conseguente hanno infatti comportato politiche di austerità che nel lungo periodo hanno mortificato le politiche di coesione e finito per penalizzare soprattutto le fasce più fragili, aumentando le diseguaglianze e la divaricazione sociale.
Purtroppo scontiamo ancora queste vulnerabilità, che la pandemia ha ulteriormente acuito, perché nel frattempo non sono stati messi in campo investimenti e politiche adeguate a rispondere a quella che oggi è, a tutti gli effetti, una vera e propria emergenza nazionale. Nel 2020 il tasso di occupazione femminile è sceso sotto il 50%, 13,5 punti percentuali in meno rispetto alla media europea, e si stimano essere oltre 300mila le donne che hanno perso l’occupazione».
«Il PNRR e le risorse del “Next Generation EU” ad esso collegate – ha detto ancora la Segretaria confederale Cisl – offrono al nostro Paese una grande opportunità che non può essere sprecata: senza investimenti che consentano un pieno coinvolgimento delle donne e dei giovani nel mercato del lavoro e nella società e senza la riduzione dei grossi divari territoriali esistenti, la ricostruzione dell’Italia post Covid-19 non sarà completa. Se vogliamo davvero investire nel modo più giusto le risorse che l’Europa ci metterà a disposizione, non dobbiamo mai perdere di vista questi obiettivi.
Su questi temi la CISL farà la sua parte ma occorrerà realmente mettere in pratica una corretta gestione delle transizioni per un nuovo Patto sociale che veda nel valore della persona e del lavoro il baricentro di tutte le azioni, al fine di non lasciare nessuno indietro e garantire una crescita sostenibile ed inclusiva per ridare fiducia e assicurare crescita e coesione al Paese. Per questo chiediamo al Governo che nella legge di bilancio ci siano risposte convincenti su lavoro, pensioni, fisco, sviluppo, welfare, contrasto alle diseguaglianze sociali, economiche e geografiche del Paese. E per questo ci mobiliteremo in tutti i territori».

(segue scheda sintetica sui risultati)

CISL CALABRIA
SINTESI DEI RISULTATI DELL’INDAGINE “LA LAVORATRICE AI TEMPI DEL COVID-19”

L’indagine svolta dalla CISL Calabria e dal Coordinamento donne sulle donne lavoratrici ai tempi del Covid-19 ha raccolto, analizzato e studiato 1.350 questionari in cui le donne residenti nelle 5 province Calabresi si sono raccontate e dalla cui analisi emergono molte suggestioni che meritano un approfondimento.

In primo luogo la manifestazione di una fatica maggiore sopportata dalle donne durante la crisi, dovuta alla presenza nel proprio nucleo familiare di figli a carico o anziani non autosufficienti. Dai nostri dati è emerso che il 54% delle rispondenti si prende cura di minori (meno di 14 anni) e per poco meno della metà (sommando le percentuali) delle donne incombe la cura degli anziani autosufficienti e non (rispettivamente del 27% e del 14%). Il 5% ha nel proprio nucleo familiare un disabile di cui si prende cura. Il 2% ha dovuto rassegnare le proprie dimissioni dal lavoro. Le donne rivestono tipicamente il ruolo di badante all’interno della famiglia, soprattutto al Sud: si dovrebbe aumentare l’offerta di figure professionali che forniscono assistenza agli anziani e rendere più equa la suddivisone dei ruoli per le attività di cura dei familiari. Le misure adottate in fase di emergenza dovrebbero costituire uno spunto di riflessione per un nuovo disegno del sistema di welfare.

Sempre in tema di conciliazione abbiamo cercato di capire quale tipologia di servizio ritenevano più importante potenziare nel proprio territorio per meglio conciliare la vita di lavoro con quella familiare. Per il 54% delle donne sarebbe utile nel territorio potenziare i servizi per i ragazzi (associazioni sportive, luoghi e occasioni di aggregazione, strutture pomeridiane di attività di studio), per il 24% i servizi per i bambini (ludoteche, asilo nido, doposcuola) e in ultimo per il 23% i servizi per gli anziani che vanno dall’assistenza domiciliare, ai centri di aggregazioni. Altri dati riguardano le condizioni abitative e la dotazione informatica.

Molto, in questa fase di emergenza sanitaria, si è parlato della difficoltà di molte famiglie, soprattutto se numerose, di ottimizzazione degli spazi in casa per conciliare lavoro, studio, esigenze familiari garantendo anche in presenza di contagi all’interno della famiglia adeguati spazi per l’isolamento. Alla domanda “quanti locali ha l’abitazione in cui vivi?” il 75% ha dichiarato di vivere in una abitazione con un solo locale. Solo una piccola fetta (4%) gode del privilegio di vivere in una abitazione composta da 3 o più locali.

In tema di strumentazione informatica, che abbiamo visto essere fondamentale se non addirittura indispensabile in periodo pandemico, ebbene, nel periodo emergenziale, il 10% delle donne intervistate ne era priva. E un 19% era senza collegamento internet. In più la transizione forzata, in periodo di lockdown, allo smart -working ha amplificato le diseguaglianze originarie relative non solo alla dotazione di risorse informatiche, ma soprattutto alle competenze d’uso. Dall’analisi delle domande aperte, molte le lamentele sulla mancanza di una formazione adeguata all’uso dei dispostivi informatici. Il favorire l’utilizzo delle nuove tecnologie e la diffusione di competenze digitali si inquadrano nella necessità di garantire pari opportunità nell’accesso all’istruzione, al mercato del lavoro promuovendo interventi che, attraverso la stipula di appositi accordi e convenzioni, coinvolgano sindacato, enti, centri di ricerca, università, ordini professionali, aziende.
Sul lavoro agile i risultati della nostra ricerca mostrano:
– il 45% riferisce che è uno strumento utilissimo a conciliare la vita lavorativa e personale
– il 44% che non ha comportato alcun beneficio,
– il 24% che porta un beneficio economico e cioè il risparmio di carburante e usura della macchina

Rispetto alla domanda “con quale frequenza vorresti lavorare a casa”, la platea delle intervistate è divisa in pari percentuali tra quelle che si ritengono soddisfatte dall’esperienza e vorrebbe proseguire anche dopo la fase di emergenza e quanti non riscontrando alcun beneficio.
La frequenza con cui vorrebbero lavorare da casa è con pari percentuali (31%) divisa tra chi lo limiterebbe a 1-2 gg. a settimana e chi preferisce non usufruire di tale modalità di svolgimento della prestazione lavorativa.
Ricordiamo che questa modalità di prestazione lavorativa è esplosa, ma non è stata oggetto di negoziazione, ed è necessario che lo diventi. È necessario che vengano definiti i diritti contrattuali delle singole persone (natura del rapporto, sicurezza, dotazioni, volontarietà, diritto alla disconnessione e al recesso, orario di lavoro…), ma è altrettanto necessario inserirli in una visione più ampia che non si limiti solo al riconoscimento dei diritti individuali ma li metta in relazione con l’organizzazione del lavoro in una prospettiva di crescita, sviluppo e arricchimento del lavoro.

Per chi ha continuato a prestare la propria attività lavorativa la maggior parte ha lavorato in sicurezza grazie all’ applicazione del Protocollo Sicurezza che da subito la CISL unitariamente con CGIL e UIL, Governo e parti datoriali hanno sottoscritto dimostrando grande responsabilità e perseguendo significativi obiettivi di primario interesse sia per la sicurezza dei lavoratori che per tutta la collettività. Dalle analisi della nostra indagine solo per una piccola percentuale (11%) delle donne non è stato possibile operare in sicurezza.
La pandemia, oltre ad aver pesantemente colpito la parte di popolazione più vulnerabile, ha portato alla creazione di milioni di “nuovi poveri”: dalla nostra indagine il 10% delle donne intervistate ha dichiarato di essersi trovata in condizione di assoluta povertà.

Poi abbiamo chiesto quali sono gli ambiti del welfare aziendale che durante la fase pandemica hanno visto un ampliamento delle tutele. Ebbene, il 13% delle donne lavoratrici hanno visto un ampliamento delle loro tutele in materia di assistenza degli anziani e/o non autosufficienti, sanità integrativa (11%), altre forme di flessibilizzazione oraria (10%).
Interessante sarebbe un’indagine sul sistema di monitoraggio degli impatti delle pratiche di welfare in grado di suggerire elementi correttivi e centrati su una valutazione dell’apporto migliorativo che possono comportare dal punto di vista lavorativo, ma anche sulla produttività aziendale.
In ultimo, sulle aspettative per il futuro dalla analisi delle domande aperte non manca il riferimento al potenziamento di altri servizi, quali il servizio pubblico di trasporto, presidi sanitari e ospedalieri.

Da una lettura complessiva dei risultati dell’indagine,
emergono alcune indicazioni di policy che possiamo riassumere in:
1. mettere in sicurezza e rilanciare il sistema della sanità pubblica e del welfare territoriale ed aziendale;
2. rafforzare, implementare e rendere più efficienti le infrastrutture sociali, i servizi ai cittadini, da quelli che favoriscono la conciliazione vita lavoro (asilo nido, circoli per gli anziani) a quelli a supporto della collettività (servizi di assistenza per i disabili e gli anziani non autosufficienti, i trasporti pubblici territoriali e locali etc);
3. investire in scuola, università, ricerca;
4. investire in innovazione tecnologica e digitalizzazione;
5. investire in occupazione femminile e giovanile;
6. favorire l’autoimprenditorialità femminile e lo sviluppo di idee imprenditoriali che se da una parte, contribuiscono a dare una risposta al bisogno di occupazione da parte delle donne e, dall’altra, rafforzano ulteriormente l’offerta di servizi per il welfare e la conciliazione sul territorio;
7. combattere le disuguaglianze di genere, generazionali e territoriali;
8. realizzare, a livello nazionale
– una riforma degli ammortizzatori sociali che sia fortemente connessa con moderne politiche attive del lavoro e ad un programma di formazione di NUOVE COMPETENZE per interpretare al meglio la sfida della transizione ecologia e digitale,
– Realizzare una riforma fiscale sul solco dell’equità, della progressività e della lotta all’evasione ed elusione, aspetti che per la CISL rappresentano una condizione irrinunciabile per la ripresa dei consumi e dare una forte spinta sulla produttività, all’occupazione e allo sviluppo del Paese;
9. In ultimo, ma non meno importante, gestire i fenomeni migratori con umanità, legalità, solidarietà e soprattutto inclusione.

A rigore metodologico i dati raccolti rappresentano uno spaccato indicativo, ma non rappresentativo.