TRENTESIMA DOMENICA
Lc. 18,9-1.
“Il pubblicano tornò a casa
giustificato“
Come sempre, anche in questa domenica il vangelo di Luca narra una parabola, proposta alla meditazione della comunità del suo tempo, ma oggi, anche a tutti coloro che: “hanno l’intima presunzione di essere giusti e disprezzano gli altri“.
In continuazione del capitolo precedente, nella catechesi sulla necessità di pregare “sempre senza stancarsi mai“, il vangelo oggi ci parla del modo di pregare, tenendo presente l’immagine di DIO, a cui la preghiera deve essere sempre rivolta, ed il luogo santo in cui si va a pregare. Due uomini, “si recano al tempio per pregare“.
Uno è FARISEO, uomo giusto e retto di fronte alla legge, il quale occupa un posto privilegiato nel tempio e “nelle sinagoghe“, come oggi nelle nostre chiese; stando sempre in prima fila, proclamando le scritture e facendo conferenze importanti e ordinando la perfezione nella liturgia.
Egli per queste sue prerogative, ritiene di pregare, vantando se stesso anche di fronte al “SUO DIO”, ritenendo di essere perfetto e di non avere bisogno di misericordia e di perdono.
Accanto a lui si presenta, nello stesso tempio, ma in un luogo appartato, lontano dall’altare, UN PUBBLICANO che si ferma in fondo al tempo.
Costui è una persona disonesta, servo del popolo romano, ladro, sfruttatore della povera gente, ed oggi mafioso, truffatore, condannato all’ergastolo a cui, anche dopo aver scontato la pena inflitta dalla legge dello stato, viene impedito anche di frequentare la Chiesa o i suoi riti religiosi.
Tutti e due, tuttavia, vanno a pregare, sia pure con sentimenti ed atteggiamenti diversi; uno per raccontare se stesso ed i propri meriti, guardando con disprezzo chi gli sta vicino, perché indegno, e l’altro, il pubblicano, consapevole dei suoi misfatti, e per questo, ritenendosi bisogno di misericordia da parte di DIO e del prossimo.
I contenuti ed il metodo della preghiera che viene rivolta a Dio, descritti dal Vangelo, non hanno bisogno di esegesi, ma sono abbastanza chiari e che vale la pena interiorizzare personalmente: “il fariseo stando in piedi prega così tra se, O DIO Ti ringrazio perché non sono come gli altri uomini ladri, ingiusti adulteri e neppure come questo pubblicano“.
Credo che essere onesti, osservando le leggi, e soprattutto il comandamento della CARITÀ, stando accanto ai poveri, “difendendo gli orfani o le vedove” non debba essere motivo di vanto di fronte a Dio ed il prossimo, ma solo coerenza, come ci testimonia PAPA FRANCESCO, come uomini e come semplici ma autentici cristiani, anche se non formalmente “PRATICANTI”.
La preghiera del pubblicano ed il suo atteggiamento sono più saggi e coerenti col nostro stato: “… egli, fermatosi a distanza, non osava nemmeno alzare gli occhi al cielo, ma si batte il petto dicendo: Dio, abbi pietà di me Peccatore”.
Le nostre prediche non hanno bisogno di suggerimenti religiosi o morali, ma certamente sono un invito molto chiaro per tutti noi, ricordandoci che veramente come dice la scrittura:” misericordia Domini quia non SUMUS consumpti”.
Alle persone recluse, pensando a me stesso, di fronte a Cristo crocifisso, ho sempre ripetuto pregando insieme: “se sei innocente, lui crocifisso, sta con te nella tua cella, in attesa anche della giustizia umana; se sei colpevole, lui ha pagato per te, e per farti felice, paga la tua pena riparando per i tuoi reati, rispettando i compagni di cella con amicizia vera e sincera, senza pensare di essere giusto o onnipotente perché più ricco“
Credo che per ciascuno di noi, sia necessario UN SERIO ESAME DI COSCIENZA ED UNA PREGHIERA, per “poter tornare a casa”, come il pubblicano, ogni giorno, usciti dalla chiesa, “GIUSTIFICATI” DAVANTI A DIO, CHE QUELLO CHE CONTA DI PIU’.
BUONA DOMENICA
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