Il Cammino dello Spirito, IV Domenica di Quaresima Anno B a cura di Don Silvio Mesiti

Quarta domenica

di quaresima

Gv. 3,14  -21

 

In quel tempo, Gesù disse a Nicodèmo:

«Come Mosè innalzò il serpente nel deserto, così bisogna che sia innalzato il Figlio dell’uomo, perché chiunque crede in lui abbia la vita eterna.

Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna. Dio, infatti, non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui. Chi crede in lui non è condannato; ma chi non crede è già stato condannato, perché non ha creduto nel nome dell’unigenito Figlio di Dio.

E il giudizio è questo: la luce è venuta nel mondo, ma gli uomini hanno amato più le tenebre che la luce, perché le loro opere erano malvagie. Chiunque infatti fa il male, odia la luce, e non viene alla luce perché le sue opere non vengano riprovate. Invece chi fa la verità viene verso la luce, perché appaia chiaramente che le sue opere sono state fatte in Dio».

 

L’intervento di Gesù nel tempio di Gerusalemme, di cui ci ha parlato il vangelo nella domenica precedente, aveva suscitato molte perplessità tra il popolo, ma anche tra gli scribi ed i farisei.

 

Tra questi, uomo saggio ed onesto, NICODEMO, che era un rabbino ed osservante della legge, sente il bisogno di confrontarsi con questo Cristo, che con autorità si definisce il Messia atteso dalla storia.

 

Egli, per questo, si reca di notte da Gesù, non per paura, come si vorrebbe pensare, ma perché la notte è vissuta, per chi ha fede, come momento privilegiato di silenzio e di preghiera.

 

Il discorso del vangelo, quindi, vuole essere un dialogo aperto e sincero tra il Cristo ed il dottore della legge, che continua:

“… come Mosè innalzò il serpente nel deserto, così bisogna che sia innalzato il Figlio dell’uomo“.

 

Si sta parlando di Gesù, innalzato sulla croce, ma anche elevato da Dio, come colui che il Padre ha scelto, per manifestare il suo amore, a tutti i costi, a tutti gli uomini, perché “chiunque crede in lui abbia la vita eterna”.

 

Una vita eterna, intesa non in termini escatologici, ma piena, e che merita di essere vissuta, illuminata dalla fede e dalla carità verso se stessi, ed in comunione col prossimo.

Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito perché chiunque crede in lui non vada perduto“.

” … Dio, infatti, non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui. Chi crede in lui non è condannato; ma chi non crede è già stato condannato, perché non ha creduto nel nome dell’unigenito Figlio di Dio“.

 

Sapere che Dio non condanna, ma è misericordioso, nel contesto giudaico, suona come una grande e soprattutto nuova e bella notizia.

 

Cristo infatti, in questo contesto, viene per salvarci, LIBERANDOCI DALLA PAURA, e dal vivere una vita senza senso, in solitudine e senza amore.

 

Credere in lui, ci libera da una condanna esistenziale fatta di paura e di insoddisfazione.

 

Egli, Cristo è quindi la luce che è venuta nel mondo, anche se gli uomini precedentemente hanno amato più le tenebre, perché le loro opere erano malvagie.

 

Chiunque fa il male, odia la luce, e non viene alla luce perché le sue opere non vengano condannate.

 

Alla luce di questa catechesi, la quarta domenica di quaresima ci invita alla gioia, facendoci intravedere che tra venti giorni la salvezza definitiva sul male e sul peccato con CRISTO RISORTO.

                                                                 

                                                                                            Don Silvio Mesiti