Operazione “Santa Fe'” colpo al narcotraffico. Dettagli Foto Nomi e Video

 

 

 

I finanzieri del Gruppo investigazione criminalità organizzata (Gico) di Catanzaro hanno eseguito 34 misure cautelari nei confronti di presunti affiliati alla ‘ndrangheta responsabili di un traffico internazionale di droga dalla Colombia. Arresti anche in Spagna. All’inchiesta, della Dda di Reggio Calabria, ha collaborato la Dea americana. Quattro tonnellate di cocaina sono state sequestrate durante le indagini dei finanzieri del Gico, la droga viaggiava dalla Colombia su barche a vela dirette in Spagna. Un narcotrafficante fornitore di cocaina alle cosche di ‘ndrangheta calabresi ed esponente di spicco dell’organizzazione paramilitare colombiana Farc è stato identificato nel corso delle indagini condotte dalla Dea americana in sinergia con la sezione Goa del Gico della Guardia di finanza di Catanzaro in Brasile, Argentina, Repubblica Dominicana, Colombia, Spagna e Montenegro. Paesi nei quali, secondo l’accusa, erano radicati o i principali esponenti dell’organizzazione calabrese indagata e soggetti ad essi collegati. In particolare, dalle indagini, sono emersi contatti tra gli Aquino-Coluccio di Marina di Gioiosa Ionica e le cosche Alvaro di Sinopoli e Pesce di Rosarno.

 

NOMI ARRESTATI:

  1. Jose’ Ramon Alvarez Alvarez, classe 1956;
  2. Giuseppe Alvaro, classe 1977;
  3. Nicola Alvaro, classe 1968;
  4. Vincenzo Alvaro, classe 1972;
  5. Rocco Calabro’, classe 1968;
  6. Antonio Campanella, classe 1987;
  7. Antonino Carbone, classe 1969;
  8. Giuseppe Carbone, classe 1981;
  9. Beniamino De Santo, classe 1985;
  10. Francesco Di Marte, classe 1963;
  11. Vincenzo Di Marte, classe 1981;
  12. Antonino Fedele, classe 1980;
  13. Antonio Femia, classe 1981;
  14. Francesco Forgione, classe 1978;
  15. Fulvio Fortugno, classe 1992;
  16. Nicodemo Fuda, classe 1969;
  17. Nysret Gashi, classe 1960;
  18. Placido Giacobbe, classe 1971;
  19. Francesco Giofre‘, classe 1985;
  20. Rosario Grasso, classe 1982;
  21. Domenico Luppino, classe 1979;
  22. Luzardo Freddy Mejia, detto “el negrito”, classe 1958;
  23. Antonino Modafferi, classe 1980;
  24. Bruno Oliverio, classe 1992;
  25. Giuseppe Oliverio, classe 1972;
  26. Giuseppe Papasergi, classe 1981;
  27. Rosario Rao, classe 1981;
  28. Angelo Romeo, classe 1980;
  29. Domenico Romeo, classe 1980;
  30. Domenico Sainato, classe 1985;
  31. Claudio Marcelo Soto Rodriguez, classe 1957;
  32. Giuseppe Ralotta, classe 1976;
  33. Pedro Florentino Vega, detto Signor Duro, classe 1967.
  34. Arresti domiciliari per Maria Davide Boncompagni, classe 1968

 

L’hanno chiamata operazione “Santa Fè”, dal nome del centro commerciale in cui, alcuni mesi fa, verrà arrestato il re del narcotraffico, quel Roberto Pannunzi che, per anni, avrebbe gestito lucrosi affari in giro per il mondo.

Nell’ambito dell’operazione denominata “Santa Fè 2013”, sviluppatasi a partire dai mesi estivi del 2013, la sezione G.O.A della Guardia di Finanza di Catanzaro ha avviato un’intensa attività investigativa nei confronti di una consorteria criminale calabrese consolidata nel territorio italiano, con importanti ramificazioni all’estero, in grado di importare ingenti quantitativi di sostanza stupefacente dal Sud America.

Lo sviluppo delle indagini ha svelato l’esistenza di una stretta collaborazione tra, in apparenza, differenti gruppi di soggetti coinvolti nel traffico illecito di sostanze stupefacenti, radicati sia nella fascia jonica calabrese che in quella tirrenica ma, in realtà, appartenenti ad una medesima grande organizzazione.

Diversi i sequestri di cocaina effettuati nel corso di circa due anni di indagine, per un totale di circa cinque tonnellate.

Il 15 luglio 2013 uno degli indagati, il gioiese Rosario Grasso, si recherà in Brasile per trattare l’acquisto dello stupefacente e le condizioni di invio dello stesso. Grazie alla collaborazione da parte della Polizia Federale brasiliana, si riusciva a monitorare Grasso al suo arrivo presso l’aeroporto di San Paolo, nonché durante i suoi spostamenti. Le indagini condotte, anche a seguito del soggiorno di Grasso a Santos (Brasile), permettevano di concentrare l’attenzione sulla motonave MSC MAUREEN, partita da Santos il 10.08.2013 e giunta a Gioia Tauro (RC) il 26.08.2013.

Il porto di Gioia Tauro, infatti, è uno snodo fondamentale: in tal senso, infatti, si spiegherebbe la sinergia tra cosche dell’area jonica della provincia di Reggio Calabria, (i Coluccio e gli Aquino) con importanti casati della fascia tirrenica, i Pesce di Rosarno e gli Alvaro di Sinopoli.

Le parallele indagini eseguite sul filone tirrenico dell’organizzazione, capeggiato dai fratelli Alvaro, i quali potevano contare sulla collaborazione di numerosi soggetti dimoranti fra Sinopoli e Sant’Eufemia d’Aspromonte (RC), primo fra tutti Angelo Romeo, consentivano di venire a conoscenza dell’imminente spedizione di un carico di stupefacente occultato a bordo della motonave MSC ADRIANA: questa era destinata al porto di Genova il 11.07.2014, dove l’organizzazione criminale poteva contare sul supporto di Giuseppe Talotta.

Il porto di Gioia Tauro è uno snodo fondamentale, ma non l’unico.

Se, infatti, il metodo utilizzato principalmente dall’organizzazione criminale era quello di occultare la droga all’interno di container a bordo di grosse navi, diversi sequestri verranno effettuati grazie a vere e proprie operazioni da film americano. Gli investigatori, infatti, riusciranno a bloccare una serie di imbarcazioni più piccole, abbordandole e scoprendo come trasportassero quantità non di poco conto di cocaina. Il prosieguo delle attività tecniche permetteva di concentrare nuovamente l’attenzione sulla motonave MSC MAUREEN, partita da Santos e giunta in Spagna intorno alla metà del mese di marzo 2013.

Soggetto chiave nel sistema criminale, sarebbe stato Antonio Femia.

Il 7 marzo 2014 Antonio Femia e Nicodemo Fuda, soggetti apicali dell’organizzazione e dimoranti nella fascia jonica calabrese, incontravano a Roma Claudio Marcelo Soto Rodriguez, giunto dal Sud America quale referente del fornitore dello stupefacente. Scopo del viaggio intrapreso da Soto Rodriguez era quello di precedere l’arrivo di una partita di stupefacente e definirne i dettagli relativi alle condizioni di acquisto e di invio dello stesso.

Le attività tecniche esperite nel mese di marzo 2014 avevano palesato l’intenzione, da parte della consorteria criminale ruotante intorno alla figura di Antonio Femia, di concretizzare alcune imminenti importazioni di stupefacente dal Sud America.

Il 3 marzo il fornitore dello stupefacente, soprannominato “Perrito”, comunicava a Antonio Femia di aver spedito un carico da 170 panetti (o kg) dall’Ecuador e di aver già pronto un altro carico di almeno 230 panetti (o kg) per la settimana successiva.

In tale contesto, “Perrito” informava Femia dell’arrivo, per il 10 marzo, presso l’hotel “Hollyday Inn” di Roma, di un suo uomo, tale Freddy Luzardo Mejia alias il “negretto”, deputato alla consegna dei dati relativi al container. L’incontro sarebbe, poi, avvenuto in Calabria il giorno successivo. Nel contempo “Perrito” comunicava a Femia il nome della nave MSC MANDRAKI:

In attesa dell’arrivo della prima spedizione, Femia e “Perrito” si accordavano affinchè i dati completi relativi alla seconda spedizione venissero consegnati fisicamente da Freddy Luzardo Mejia, in compagnia di Pedro Florentino Vega alias “signor duro”, a Nicodemo Fuda alias “il piccolo” durante un’incontro fissato per il giorno 29 marzo, presso l’hotel “Holiday Inn” di Roma.

Nell’occasione, veniva appurato il coinvolgimento di alcuni operatori portuali, Francesco Giofrè, Placido Giacobbe e Giuseppe Papasergi, aventi il ruolo di recuperare lo stupefacente dal container imbarcato sul natante: alcuni di essi, insieme a Domenico Luppino, venivano sorpresi a bordo di un gommone nelle acque antistanti il porto, nei frangenti coincidenti con l’arrivo della MSC MANDRAKI.

Tale episodio, portava alla luce il coinvolgimento di un’organizzazione parallela, radicata nell’area di Sinopoli/Sant’Eufemia d’Aspromonte (RC), capeggiata dai fratelli Giuseppe e Vincenzo Alvaro.

Questi ultimi mantenevano i contatti, per il tramite di Domenico Sainato, con Antonio Femia e, per il tramite di Francesco Giofrè, con la squadra di operatori portuali deputata al recupero dello stupefacente una volta giunto presso lo scalo portuale di Gioia Tauro. Tra le persone arrestate, vi sono anche tre dipendenti della Medcenter.

Propedeutico a una ulteriore spedizione era stato il soggiorno di Vincenzo Alvaro e di un serbo-montenegrino in Argentina nel mese di settembre 2014, i cui spostamenti e incontri venivano monitorati dal personale della D.E.A. Argentina, nonché la discesa in Calabria da parte del serbo-montenegrino nel mese di ottobre per incontrare i propri sodali al fine di definire i dettagli relativi alla spedizione del carico.

Le contestuali indagini avviate dalla D.E.A. americana in seguito allo scambio info-investigativo, permettevano agli americani di addivenire, in data 14.04.2014 a Guayaquil, al sequestro di 172 kg di cocaina pronta per essere occultata all’interno di un container destinato all’Europa.

Nel frattempo, un parallelo filone di indagine rivelava l’intenzione da parte di alcuni esponenti della criminalità organizzata calabrese, fra i quali Gabriele Biondo, personaggio di notevole spessore criminale anche in territorio iberico, di introdurre ingenti quantitativi di stupefacente dal Sud America in Europa, attraverso l’utilizzo di imbarcazioni per la navigazione veloce.

Un’indagine che presenta i contorni di una vera e propria fiction criminale. Se immessa sul mercato, infatti, la droga avrebbe fruttato circa un miliardo di euro. Così, dunque, viene confermata la leadership della ‘ndrangheta nel mercato del narcotraffico internazionale: “La ‘ndrangheta ha attualmente almeno 70 o 80 broker di primo livello in Sud America”.

Il proficuo rapporto di collaborazione instaurato con la D.E.A. americana, permetteva di monitorare gli spostamenti di Biondo fra il Sud America, la Spagna e l’Italia, nonché alcuni incontri avvenuti in Italia tra quest’ultimo ed alcuni soggetti sudamericani, inviati dall’organizzazione dei narcos per precedere l’arrivo dello stupefacente e, al contempo, confermare il buon esito delle operazioni alla propria organizzazione fornitrice.

Un’indagine che, come sottolineato da più parti, si scontrerà con le varie contromisure adottate dagli indagati, ma soprattutto da problemi di lingua e le differenze dei vari ordinamenti giuridici dei Paesi interessati.