La natura paradossale dell’uomo tra ragione e cuore

Orizzonte tematico al centro del dibattito filosofico contemporaneo, che ha sempre destato
l’interesse di filosofi e di poeti è l’Amore nelle sue varie forme: passionale, celestiale, ponte tra
terra e cielo, clandestino, ma pur sempre Eros.
E la ragione umana che funzione ha? È anche capace di cogliere il valore intrinseco delle cose,
di afferrare l’interiore splendore, la bellezza delle cose, le norme morali e gli obblighi, di sondare
i misteri della libertà umana e intuire il mistero di una persona.
In balìa delle onde, ecco l’uomo, posto in una condizione mediana nell’ordine delle cose,
essendo collocato tra il tutto e il nulla, tra l’infinitamente grande e l’infinitamente piccolo, ha in sé
così la condizione dell’essere mista alla condizione del non essere. Così si può dire che l’uomo
occupa un posto intermedio tra il conoscere e il non conoscere, poiché non è così ignorante dal
non sapere nulla ma non è neppure così sapiente dal conoscere ogni cosa (poiché non è in
grado di concepire il principio e il fine delle cose). La sola cosa che rientra nelle capacità
dell’uomo è quella di cogliere le cose poste nella zona mediana dell’universo. Questa duplicità
dell’essere si rispecchia anche in relazione al bene e al male, giacché egli si propone di
raggiungere il più alto grado di felicità e di bene, è impedito nel farlo: si determina quindi una
condizione di volere limitato dal potere. Da qui nasce la sua miseria: dalla presenza di un
desiderio frustrato.
Allo stesso tempo, però, se nell’uomo vi è una nota di nostalgia, di bisogno del bene, della
felicità, vuol dire che in lui vi è una vocazione naturale verso il bene supremo, verso un ordine
superiore di essere e di valore, che determina la sua grandezza, ossia la consapevolezza della
sua condizione di miseria. Ecco che l’uomo ha in sé questa duplicità di essere che lo
caratterizza, e da cui non può essere separato. Anche in ciò consiste lo sbaglio della filosofia: di
aver esaltato talvolta la miseria e altre volte la grandezza dell’uomo.
Sappiamo che oggi la ragione umana viene comunemente ridotta a semplice “ragione
strumentale”, ma questa è solo una parte della ragione, e nemmeno la parte più importante. Ma
la ragione perché è una facoltà che funge da lume? La ragione umana è anche capace di
cogliere il valore intrinseco delle cose, di afferrare l’interiore splendore, la bellezza delle cose, le
norme morali e gli obblighi, di sondare i misteri della libertà umana e intuire il mistero di una
persona. L’ intelletto e la volontà sono note distintive dell’uomo. E il cuore umano, il centro
dell’affettività umana? La visione dominante è che la nostra vita affettiva sia radicata nel corpo e
non possa essere messa sullo stesso piano dell’intelletto e della volontà. Un amore ben
ordinato in cui ci dilettiamo nella persona amata è un atteggiamento eminentemente personale;
la pienezza di tale affettività non introduce in alcun modo un elemento corporeo nell’amore. È
doveroso, dunque, riconoscere tre centri della vita personale nell’uomo: l’intelletto, la volontà e il
cuore. In questo modo si può rendere più giustizia all’unità della natura umana.
Prof.ssa Raffaella Solano