Il Cammino dello Spirito , XXXIII Domenica del Tempo Ordinario Anno A a cura di Don Silvio Mesiti

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli questa parabola: «Avverrà come a un uomo che, partendo per un viaggio, chiamò i suoi servi e consegnò loro i suoi beni. A uno diede cinque talenti, a un altro due, a un altro uno, secondo le capacità di ciascuno; poi partì. Dopo molto tempo il padrone di quei servi tornò e volle regolare i conti con loro. Si presentò colui che aveva ricevuto cinque talenti e ne portò altri cinque, dicendo: Signore, mi hai consegnato cinque talenti; ecco, ne ho guadagnati altri cinque. Bene, servo buono e fedele – gli disse il suo padrone -, sei stato fedele nel poco, ti darò potere su molto; prendi parte alla gioia del tuo padrone».
Il padrone di cui parla il vangelo di questa domenica è ancora, come nelle parabole precedenti, Gesù Messia, che con la sua morte e resurrezione, ha realizzato il suo regno di verità di giustizia e di pace, fondato sulla misericordia e l’amore gratuito di Dio padre.
I servi ai quali viene affidato questo regno, i quali non sono padroni, ma neanche mercenari o semplici operai, sono gli apostoli, ed oggi alla chiesa ed a tutti i battezzati, i quali devono custodire questo regno, fatto soprattutto di carità.
Per questo il padrone da loro I mezzi necessari, i talenti, che non sono certamente solo le doti umane, ma soprattutto quelli che S. Paolo, nella lettera ai Corinzi, chiama carismi, ministeri e servizi, ma soprattutto il dono della carità, ricevuta da Dio, da alimentare e da comunicare alle persone che ci stanno vicine, come il samaritano del vangelo.
A tutti i cristiani indistintamente vengono affidati questi talenti, i carismi e la carità, che devono essere utilizzati e spesi gratuitamente a servizio della comunità, e non per i propri interessi materiali o personali.
Impegnati a realizzare tutti insieme questo regno di Dio, ci trova tutti uniti e solidali, come chiesa autentica, evitando divisioni e soprattutto gelosie, invidie e discordie, difetti purtroppo molto diffusi nelle nostre chiese.
La mancanza di comunione è segno di mancanza personale di adesione a CRISTO, È LUI CHE FA COMUNIONE E NON I NOSTRI INTERESSI PERSONALI E STRUMENTALIZZANT, I ANCHE DEL SACRO.
Colui che sotterra l’unico talento, che pure non gli appartiene (“gratis accepistis, gratis date”),
ha pensato solo a sé stesso, costruendo un regno materiale, per soddisfare la sua vita terrena.
Tutti dobbiamo dare conto al padrone, che non tornerà solo alla fine dei tempi, ma ogni giorno, vigilano e verificando quotidianamente, il nostro modo di essere CHIESA.
BUONA DOMENICA
Don Silvio