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Oppido Mamertina, lettera aperta sul caso di avvelenamento cani

È giusto accettare che un individuo possa avvelenare un essere vivente, il migliore amico dell’uomo, IL CANE? Sarebbe opportuno porsi delle domande a tal proposito.

Cosa succederebbe se dopo una passeggiata per le vie cittadine il nostro cane morirebbe avvelenato per causa dello spargimento di esche avvelenate da parte di qualcuno voluttuoso di ucciderlo?

Credo che la reazione sarebbe immediata e forte da parte di tutti coloro che hanno sensibilità e spirito civico.

Perché tale reazione in noi cacciatori non si innesca? E se si innesca, perché le iniziative sono sporadiche, isolate senza risonanza alcuna dell’opinione pubblica e peggio ancora delle Autorità Competenti?

Sembra sempre che le sciagure degli altri non possano toccare noi personalmente, forse è proprio tale concetto che ciascuno dovrebbe rimodulare al fine di reagire.

Molti sono gli amici cacciatori fortemente preoccupati che vivono con terrore la preoccupazione che qualcosa possa accadere ai loro inseparabili compagni, in particolar modo in questo periodo in cui si insidia la beccaccia, la regina dei boschi.

Le già limitate aree boschive in cui è possibile praticare la caccia alla beccaccia sono sempre più infestate da bocconi avvelenati, che non lasciano scampo ai malcapitati ausiliari, come è accaduto alla mia cagnetta Ambra, Pointer di appena 4 anni, nel Comune di Oppido Mamertina (RC), nella pineta vicino l’ex caserma N.A.P.S. piccola area boschiva in cui è possibile cacciare essendo esterna al perimetro del Parco Nazionale dell’Aspromonte.  

Gli ignoti responsabili di tale inciviltà sono “esseri” privi di moralità, individui vili e ignobili degni di essere puniti in modo esemplare, come peraltro è previsto dalla legge. E’ inaccettabile che pochi “individui” possano con tali azioni, mettere a repentaglio la vita dei nostri ausiliari, inseparabili compagni di avventure ma ancor prima esseri viventi, come noi, al nostro pari. Noi cacciatori cinofili sappiamo meglio di chiunque altro cosa significa accudire, crescere ed addestrare un cane da caccia, quanti sacrifici sono necessari e quale intimo rapporto di intesa, affetto e reciproco rispetto nasce e si consolida con il proprio cane da caccia, inseparabile compagno di innumerevoli avventure venatorie e di vita quotidiana. Credo che tutto ciò rappresenta solo una breve e riduttiva descrizione delle emozioni che noi appassionati possiamo provare nei confronti dei nostri ausiliari, consapevoli che molto più di quanto espresso ciascuno custodisce nel suo intimo incapace di esprimere o semplicemente geloso di farlo.

Casi di avvelenamenti di cani, gatti e di fauna selvatica, purtroppo, sono all’ordine del giorno ed in ogni parte d’Italia. Le Autorità sono riuscite ad individuare i presunti colpevoli solo in pochissimi casi e solitamente  in luoghi di aperta campagna, ovvero dove potrebbe sembrare più difficile rintracciare l’avvelenatore, dimostrando che volere è potere.

In un bosco un nucleo di indiziati è certamente più facile da circoscrivere rispetto ad un centro urbano. Scorrendo i comunicati delle Forze dell’Ordine, tra i moventi ipotizzati appaiono i litigi per il pascolo, i litigi in ambito venatorio, o addirittura tra i cercatori di tartufi e funghi oltre che per altri fenomeni di criminalità (tagli abusivi di piante – Coltivazioni illecite ecc…). Tutti hanno un unico comune denominatore: il controllo di una porzione di territorio. Quante persone gravitano su un territorio poco frequentato dall’uomo? Sicuramente molto meno e comunque più “motivate” rispetto ad un centro abitato. Urge oramai collaborare tutti per rompere il muro di omertà che circonda l’uso dei bocconi avvelenati e la morte di migliaia di animali selvatici, cani, gatti randagi e domestici.

Occorre rintracciare la prova e questa a volte si è raggiunta a seguito di elementi indiziari (come il ritrovamento dei prodotti utilizzati unito ad un valido movente) e più raramente con l’ausilio di telecamere, ma nelle nostre realtà siamo all’anno zero. Basterebbe poco se solo ci sarebbe la ferma volontà da parte di chi ha gli strumenti e le competenze a debellare non solo tale fenomeno increscioso nei confronti dei Signori Cacciatori e dei loro ausiliari ma anche nei confronti nel nostro unico e meraviglioso Ambiente Naturale che quotidianamente viene violentato. Ma il parco Nazionale dell’Aspromonte a cosa serve se con tale istituzione si è venuta a creare sempre più desolazione nella nostra montagna e sempre meno è la presenza di uomini e presidi che in modo diretto e indiretto la sorvegliavano e la tutelavano?

Mi piace ricordare a tutti che purtroppo la mela marcia esiste in ogni dove, ma noi cacciatori siamo una categoria di cittadini degni di essere tutelati in primis perchè cittadini italiani ed in secondo luogo perchè detentori di concessione all’esercizio venatorio con regolare Permesso di Porto di Fucile e/o Porto d’armi, che per chi non lo sapesse, non è a tutti concesso essendo prerogativa essenziale avere una fedina penale pulita (Casellario Giudiziario e Carichi Pendenti) oltre che la certificazione Antimafia, per tanto il Cacciatore è una persona più che perbene, e non può ne potrebbe essere un Criminale, come spesso viene considerato, anzi rispetto tanti altri comuni cittadini è una persona di cui le Autorià ne conoscono i lati più intimi dal punto di vista privato e di condotta.

Mi auguro ed auspico una tangibile reazione di coscienze sperando che con la presente abbia potuto contribuire in qualche modo a dare risonanza al problema dell’avvelenamento, ignobile piaga e serio problema che interessa la nostra indifesa fauna ed i nostri meravigliosi ausiliari.

(Ciao Ambra)

RC lì 08/11/2016                                                       Dott. Agr. Antonio M. Caridi