Intramontabile e indimenticabile è La leggenda di Donna Canfora.

Ambientata a  Taureana di Palmi, in provincia di Reggio Calabria,  città di origine brettia,  in seguito ripianificata dai romani nel I sec. a.C. con la costruzione di un decumanus maximus, un teatro e un alto podio, legato alla leggenda, definito appunto “la casa di Donna Canfora”.

Secondo  leggenda locale, Donna Canfora, era una gentildonna molto ricca, adorna delle più rare virtù e di suprema bellezza.

Rimasta vedova ancora giovane, non volle risposarsi, preferendo  consacrare la sua vita alla memoria del marito defunto.

Un giorno però la sua cameriera giunse a casa con una bella notizia: sulla spiaggia  era giunta dal lontano oriente una nave carica di stoffe di seta, di preziose gemme, di pelli, di tappeti rarissimi, di maioliche dipinte.

Tutti gli abitanti accorsero per ammirare tutti i tesori esposti sulla nave.

La  cameriera pregò Donna Canfora di andare anche lei a vederli.

Ma  la nobildonna quel giorno  si sentiva assai triste e brutti presentimenti le attraversarono la mente.

 Alla fine si recò sulla riva dove  c’era una gran folla, mentre una leggera brezza, gonfiando le vele di vario colore della nave le faceva scintillare al sole.

Appena Donna Canfora comparve, la folla si divise in due ali facendola passare in mezzo, come se fosse una regina.

 Il Capitano della nave le andò incontro con viso sorridente e le disse: – “La fama delle vostre virtù è giunta fino ai lidi più lontani dell’Arabia e della Persia”. Donna Canfora ringraziò e si lasciò guidare fin sulla nave. Ad un tratto, però, la ciurma, ad un cenno del comandante, cominciò a tirare l’ancora e ad issare le vele. La folla, accortasi del pericolo, lanciò grida furibonde ed imprecazioni disperate, ma già la nave, libera dagli ormeggi, scivolava leggera sull’acqua calmissima ed il comandante trascinava verso la sua cabina la bella Donna Canfora.

Allora, vedendosi sola tra quei barbari, ella chiese di essere lasciata libera un istante per dare l’ultimo saluto alla sua casa e alla sua terra natale.

Dritta sulla poppa guardò a lungo la grande distesa marina, gli amici che agitavano le braccia in un gesto disperato, la riva che si allontanava veloce e poi, sollevati gli occhi al cielo, come per chiedere perdono a tutti, si lanciò in mare gridando: “Impara, o tiranno, che le donne di questa terra preferiscono la morte al disonore!”.

Le vesti di broccato azzurro, appesantite dall’acqua, non le diedero la possibilità di guadagnare la riva e così scomparve fra le onde senza mai più risalire.

In quel posto, in memoria di Donna Canfora, le acque diventarono d’un azzurro cangiante, a volte verde smeraldo, a volte turchese striato d’oro e d’argento e il fondo si coprì di alghe.

 C’è chi dice che durante le notti di tempesta,  si sente ancora il pianto  Donna Canfora.

Ebbene Antonio Castellano imprenditore e dialettologo di Gioia Tauro, ha riscritto in dialetto  calabrese la nota leggenda, fermamente convinto che è importante non perdere le proprie radici, ma riscoprirle e valorizzarle.

Come lui stesso ha dichiarato:<<Per sapere dove vuoi andare, devi conoscere da dove vieni>>.

Il prezioso lavoro di Castellano, arricchito dalle tavole dell’artista  Carmelo Raco sta riscuotendo grandi apprezzamenti di pubblico e di critica.

Il lavoro spesso accompagnato dalle musiche di Sergio Raso, emoziona chi ha la fortuna di ascoltarlo e ammirarlo.

Caterina Sorbara