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Siamo solo dei ‘prodotti’ di un capitalismo canaglia. ‘The age of surveillance capitalisme’. Conversazione con Delacroix e Zuboff. Di Al. Tallarita

Un periodo questo in cui sono necessarie numerose valutazioni e analisi, su cosa stiamo vivendo. Su dove stiamo andando, in un mondo a tremila ….oggi bloccato da un terrore pandemico. Scenario inaspettato.
E di cui la verità non traspare per intero.
Ma ciò che traspare in vero è la capacità di controllo, di gestione delle emozioni, di gestione dei desideri e molto altro. E tutto finalizzato a scopi economici. E di nuove forme di capitalismo. La cui base è innanzi tutto il controllo del comportamento umano pro-mercato. Laddove per produrre, tanto beni quanto servizi, vi sia la priorità di gestire e cambiare i comportamenti umani.
Intervenendo a gamba tesa sulla mente umana, creando bisogni. Carenze. Paure. Cambiando le emozioni, a favore dei guadagni privati di aziende, ormai padrone in una società liquida in cui l’etica si è rarefatta.
Cito un libro appunto ‘The age of surveillance capitalisme’. Sulle tematiche del ‘capitalismo di sorveglianza’ di Géraldine Delacroix in conversazione con l’economista Shoshana Zuboff. In cui palesa il vero volto dei mostri del web è superiore a quanto si pensi. Intercettando i dati personali per modificare a loro insaputa il comportamento degli utenti, minacciano la democrazia stessa.
Il pensiero alternativo e la libertà di una vera diversità culturale, tanto decantata, in vero è dittatorialmente esclusa. Da una nuova idea globale di controllo sociale. Che si pone, come atteggiamento, contro la democrazia.
Cita anche Weber: “Il fatto che il cosiddetto progresso tecnologico nei tempi moderni sia a tal punto orientato economicamente al profitto è uno dei punti fondamentali nella storia della tecnologia”.
Le tecnologie sono “mezzi per l’economia”.
Grazie all’appropriazione di tutti i dati personali, gli imprenditori del “capitalismo di sorveglianza” manipolano il nostro libero arbitrio. In una società che sta subendo l’estinzione etica. In cui tutto diventa piatto uniformato a un pensiero unico.
Siamo in palesi regimi di sorveglianza .
In mano a compagnie private. Un sistema che “annulla i diritti fondamentali associati all’autonomia individuale“, negando la società democratica.Ragazzotti geni, quelli dei social, sembravano offrire gratuitamente ciò che volevamo. Leggevano il pensiero del desiderio. Ma il prezzo che stiamo pagando?
Vi è un’ immensa accumulazione di ricchezza del capitalismo di sorveglianza che ruba i pensieri. Google è l’inventore e Facebook il figlio talentuoso.
Gli ” internauti ” sarebbero “le fonti di un valore aggiunto cruciale per il capitalismo di sorveglianza: gli oggetti di un processo di estrazione delle materie prime, tecnologicamente avanzato e sempre più inevitabile“ produttori inconsapevoli di dati.
Il capitalismo è uscito dalle fabbriche e dagli uffici per inondare ogni angolo della società. Lo si evince leggendo questi libri che analizzano bene la questione.
E se le parole disegnano la società è facile capire dove ci conducono.. definendoci User cioè Utenti. Non siamo persone nè lavoratori dunque. Per un capitalismo non più confinato all’economia. È avvenuta una digitalizzazione di ogni singola azione creando un’ “architettura dell’estrazione” dei dati.
E ricordiamo infine l’enorme esposizione alle molestie. Ai possibili attacchi terroristici coordinato attraverso internet e i social.
“Il capitalismo di sorveglianza è una logica in azione e il suo potere strumentale
prospereranno a costo della natura umana e minacciano di costarci la nostra stessa umanità“.
La norma su Internet è di condurre esperimenti su ogni utente in ogni posto di permanenza sui siti. Invitato costantemente a compiere azioni varie con pulsanti di invito. Entro visioni di flussi generati da diversi algoritmi di classificazione.
Il fine di Facebook ad esempio, di chi lavora sui dati, è “influenzare e modificare l’umore e il comportamento delle persone”.
”.. farti amare di più le storie, per farti cliccare su più annunci, per trascorrere più tempo sul sito”.
“È così che funziona un sito Web, tutti lo fanno e tutti sanno che tutti lo fanno“, dalle dichiarazioni di Ledvina, ex Facebook.
E lo studio, “Experimental evidence of massive-scale emotional contagion through social networks” – “L’evidenza sperimentale di un contagio emotivo su larga scala attraverso i social network”, 2012 e pubblicato nel 2014.
“Gli stati emotivi possono essere trasmessi agli altri attraverso il contagio emotivo e coinvolgere le persone a provare le stesse emozioni senza esserne consapevoli”.
E il capitalismo di sorveglianza “fa dei mezzi di modificazione dei comportamenti, un motore di crescita”.
La domanda da porsi è:
“il monitoraggio continuo diventerà la norma? In un esperimento condotto all’insaputa dei partecipanti?”
Una risposta di rivolta, in azione collettiva, è necessaria. Così come vi è stata la lotta contro il capitalismo industriale oggi deve essere contro un “capitalismo canaglia”, che vuole “automatizzarci” e che ha reso l’utente , cioè la persona, “un prodotto”.