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Superbonus 110: fondi finiti, a rischio di fallimento migliaia di imprese con una perdita di 150 mila posti di lavoro

È di qualche giorno la notizia diffusa da Enea sull’esaurimento dei fondi stanziati dal governo per il superbonus, mentre l’esecutivo tace.
Dei 33,5 miliardi stanziati, ad oggi sono stati ammessi alle agevolazioni lavori per 33.7 miliardi.
Questo vuol dire che occorrono misure urgenti da parte del governo per rifinanziare i bonus altrimenti il settore edile andrà al collasso totale.
Un sistema, quello dei bonus, andato già prima in tilt e poi in paralisi con le molteplici modifiche normative che si sono convulsamente succedute nei mesi precedenti.
Come noto, i decreti anti-frodi e sostegni ter sono serviti al governo per rimediare tardivamente alle gravi lacune normative con cui i bonus edilizi sono partiti; il “pro” dei decreti è stato quello di frenare le frodi, ed estromettere dal sistema la nutrita platea di furbetti disonesti che, grazie alle lacunose normative di base sull’ottenimento delle agevolazioni fiscali, hanno facilmente conseguito illeciti guadagni.
Altrettanto noto è il “contro” dei decreti citati che, a discapito degli onesti incolpevoli che nel nostro paese alla fine sono gli unici a pagare per tutti, hanno di fatto completamente paralizzato il sistema dei bonus e, segnatamente quello del superbonus 110, anch’esso incolpevole, in quanto, di fatto, si è rivelato estraneo alle frodi.
A nulla sono servite le ulteriori modifiche contenute nel Decreto Aiuti, la cui conversione in Legge è, peraltro, prevista per il 17 luglio prossimo e gli emendamenti già presentati a riguardo sono molteplici, segno di ulteriori incertezze delle forze politiche e, pertanto, foriero di ulteriore diffidenza da parte delle banche e delle imprese edili.
A tutto ciò si aggiunge la criticità derivante dal comparto bancario che deve rispettare un meccanismo stabilito dalla Legge e che prevede un vincolo di compensazione che lo obbliga ad avere crediti fiscali non superiore al livello di imposte e contributi da versare all’erario nell’esercizio finanziario del periodo. In parole povere quasi tutto il comparto bancario ha esaurito il budget disponibile per acquistare altri crediti e sconsiglia ai clienti l’invio di nuove pratiche.
L’impatto delle misure anti-frode introdotte nell’ambito della cessione del credito può ora essere valutato con dati concreti e attuali: al 19 maggio 2022 risultano in attesa di accettazione sul Cassetto Fiscale degli addetti ai lavori ben 4 miliardi di crediti derivanti da opzioni di prima cessione o sconto in fattura, importo pari a 1,1 miliardi per quel che riguarda invece le cessioni successive, per un totale che supera i 5 miliardi.
Si tratta di importi anticipati dalle imprese che, a seguito delle molteplici modifiche introdotte, fanno fatica da mesi ad essere ora monetizzati e accettati dalle banche, con le rilevanti conseguenze sul fronte finanziario.
Oltre 60mila imprese edili si trovano con il cassetto fiscale pieno di crediti dello Stato, ma senza liquidità per far fronte agli impegni commerciali assunti. Sono migliaia le aziende a rischio fallimento, e il blocco dei cantieri in corso è sotto gli occhi di tutti.
Registriamo infatti, già da mesi il licenziamento di molti operai, numerose e conseguenti richieste di cassa integrazione, nonché un incremento delle istanze di rateizzazione delle imprese nelle casse edili.
Che fine faranno tutti gli operai edili impiegati nel settore? Dopo aver percepito la cassa integrazione andranno ad aggiungersi al folto stuolo dei percettori del reddito di cittadinanza?
Che fine faranno le imprese insolventi con dipendenti e fornitori? Dopo il vano tentativo di ricomposizione della crisi aziendale, andranno a confluire nel calderone dei tanti fallimenti pendenti presso i tribunali italiani? Quanto saranno ingenti i danni economici per l’intero paese?Le ripercussioni sul settore edile saranno incalcolabili ed irrimediabili se il Governo non assumerà, in maniera tempestiva, i provvedimenti del caso.
Occorre rifinanziare il superbonus, magari riformando il rdc, strumento di welfare questo da destinare solo alle classi più povere e indigenti del nostro Paese che, invero, ha tanto bisogno di lavoro, di rinnovata dignità del lavoro, molto più che di queste forme di assistenzialismo a pioggia che, in tanti casi, disincentivano l’occupazione e costano diversi miliardi di euro alla Stato. Il reddito di cittadinanza è uno strumento sicuramente da sostenere perché “ispirato a valori costituzionali, come l’eguaglianza e la solidarietà politica, economica e sociale”, ma allo stesso tempo da riformare perché manifesta “evidenti limiti sulle politiche attive del lavoro.
Ora più che mai la parte sana del settore edile va sostenuta fattivamente; occorrono importanti provvedimenti da parte dell’esecutivo che possano nel modo migliore fare uscire dal pantano tutto il comparto, mantenere l’occupazione e agevolare la nuova occupazione.

Maria Elena Senese
Segretario generale
FenealUil Calabria