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Armi chimiche siriane, la lettera ai sindaci dell’imprenditore De Masi

 

 

Avv. Renato BELLOFIORE

Al Sindaco del Comune di Rosarno

Avv. Elisabetta TRIPODI

Al Sindaco del Comune di San Ferdinando

Dott. Domenico MADAFFERI

Illustri Signori Sindaci,

scrivo questa mia nota da cittadino ed imprenditore che vive ed opera nella Piana di Gioia Tauro,

titolare di aziende collocate anche nell’area portuale, per far presente alcune mie considerazioni.

Ho avuto modo di leggere sui media l’evoluzione o meglio la sequenza delle notizie in merito

all’arrivo a Gioia Tauro delle navi con il carico di armi chimiche provenienti dalla Siria e sono rimasto

senza parole. Sequenza che inizia con la diffusione della notizia della decisione del Governo di far arrivare nel

porto di Gioia Tauro le navi con le armi chimiche siriane, seguita subito dopo e quasi contestualmente

dalle dichiarazione del governatore della Sardegna il quale ha affermato di essere riuscito a

scongiurare l’attracco delle navi sull’isola, attribuendosi il merito di aver salvaguardato l’ambiente e la

salute dei cittadini sardi e le bellezze naturali della regione. Tutto ciò mentre il Governo affermava

come la scelta fosse ricaduta su Gioia Tauro in quanto vi è maggiore possibilità di controllare le

proteste. Questa è stata l’evoluzione dei fatti ed in base a tali evidenze la mia reazione è stata quella di

sentirmi una nullità, con una forte sensazione di vuoto assoluto e di rabbia e con l’amara

consapevolezza di essere un cittadino senza diritti e dignità. Mi sono venute in mente le figure di quei

soldati che durante la prima guerra mondiale venivano mandati allo scoperto per verificare, al costo

della loro vita, la gittata dei cannoni nemici, ridotti a carne da macello. Al di là degli annosi problemi

della mia Regione e di quanto la Calabria ed i calabresi agli occhi dei tanti sono ormai solo un

problema, francamente credo che ciò sia troppo, sia andato oltre il dovuto.

Come cittadino di una nazione Europea credevo di avere gli stessi diritti dei miei amici e colleghi che

vivono ed operano al nord del Paese, pensavo di avere lo stesso diritto alla salute con ospedali che

possano fornire le cure adeguate, lo stesso diritto all’istruzione con edifici scolastici degni di questo

nome in cui i miei figli possano frequentare i corsi di studio con percorsi formativi comuni, pensavo di

avere lo stesso diritto alle infrastrutture, strade e servizi, lo stesso diritto degli altri alla libertà ed alla

tutela dei diritti della persona; ma così non è, e non so nel nome di cosa e perché, forse noi calabresi

“siamo figli di un Dio minore”, non c’è altra spiegazione.

Per la stessa ragione dobbiamo quindi accettare supinamente l’arrivo delle navi con il carico di armi

chimiche.

Mi sarebbe piaciuto che un governo serio ed autorevole affermasse di aver scelto la destinazione

del porto di Gioia Tauro per l’adeguatezza della struttura, delle competenze e professionalità, ma ciò

doveva essere supportato da azioni conseguenti che invece in questi anni hanno dimostrato il

contrario, in quanto sono state chiare a tutti le scelte di investire nei porti del nord-ovest e del nord-

est. Certamente i governi che si sono succeduti hanno dovuto e voluto pagare i giusti prezzi ad una

classe politica capace di tutelare gli interessi di quei territori.

Qualora il metro del giudizio e gli elementi in discussione fossero quindi state le competenze e le

capacità, da cittadino ed imprenditore che ha sempre vissuto nel rispetto delle regole e delle Istituzioni

sarei stato ben felice di essere d’accordo con la scelta fatta, portando a termine questo compito e

dimostrando a tutti di che pasta siamo fatti noi calabresi, ma se invece serviva e serve solamente un

“sud del mondo”, un luogo sottosviluppato in cui la gente non protesta, dove scaricare le porcherie del

mondo (come è sempre avvenuto, vedi terra dei fuochi e le presunte navi dei veleni), allora occorre

dire un fermo NO, a noi non sta bene!

Comunque aldilà di quanto avverrà, visti gli interessi in gioco, nei prossimi giorni l’attenzione dei

media del mondo sarà concentrata sulla nostra terra, quanto sarebbe bello far vedere a tutti ciò di cui

siamo capaci e la triste realtà nella quale siamo chiamati a vivere ed operare. Far vedere le bellezze

della nostra terra e dei suoi abitanti, mostrare la nostra cultura ricordando a tutti di essere stati la culla

del mondo civile, far vedere la nostra ospitalità, approfittare insomma di questa “vetrina” che ci è stata

“offerta” per gridare al mondo che siamo cittadini uguali agli altri, che siamo stati messi in ginocchio

dalle angherie ed i soprusi della criminalità e di una classe politica indegna(anche grazie ai nostri

omertosi silenzi).

Quanto sarebbe bello se davanti all’ingresso del porto si potesse organizzare un evento, anche

informale, che sia un momento di rivalsa, invitando tutta la stampa estera e nazionale ed i cittadini in

primis, in cui far vedere la nostra ospitalità, la nostra cultura, la nostra storia e la bellezza della nostra

terra, dicendo al modo: ecco chi siamo, ecco la nostra cultura, noi siamo questi!

Sarebbe un sogno se noi cittadini di questa martoriata terra ci riappropriassimo del ruolo di attori

protagonisti del nostro futuro, assumendoci anche le nostre responsabilità, se alla protesta noi

rispondessimo con una festa dell’orgoglio calabrese, se a quello che altri vogliono far vedere di noi, la

puzza dell’illegalità dell’arretratezza, noi rispondessimo con i profumi della nostra terra e della nostra

dignità. Abbracciamoci ed uniamoci al nostro porto per quello che è e potrebbe diventare, il luogo della

speranza per i nostri figli, contribuiamo partendo qui, sapendo anche che ciò può essere una delle

ultime possibilità, alla nostra rinascita. Se questo fosse possibile sarei ben felice di contribuire

attivamente a tutto ciò.

Cordialmente Antonino De Masi