Alle Muse i diritti delle donne che dichiarano guerra alla guerra

L’associazione culturale “Le Muse – Laboratorio delle Arti e delle Lettere” di Reggio Calabria, dopo due mesi di fermo a causa della pandemia è ripartita con le manifestazioni per il corrente anno sociale presso la storica sede di via San Giuseppe 19, programmazione che ha avuto inizio con una data simbolica come l’8 marzo, consapevoli che la “guerra” è simbolo di degenerazione della società e rivolti con il pensiero alla Giornata Internazionale della Donna. Un evento che ha avuto una grande partecipazione di pubblico e che ha animato un dibattito e vari contradditori vista la posizione dei cattolici ortodossi nei confronti di questa inspiegabile catastrofe. Era utile è necessario secondo il presidente Livoti creare uno spazio di riflessione e di attenzione proprio per riportare l’uomo al centro del proprio essere, non festaggiando la donna ma, facendo scoprire fattori culturali religiosi nei territori Russi e Ucraini. La premessa è stata introdotta dalla vice presidente Muse Orsola Latella che ha ampiamente ribadito come obiettivo comune è quello di porre attenzione sui diritti delle donne, che in questa guerra vedono violati diritti fondamentali: il diritto alla vita, il diritto all’incolumità fisica, il diritto alla libertà, il diritto ad avere un futuro. Oggi pero’ continua la Latella, parlano le armi, e le donne vengono condannate a dimenticare la loro storia personale, a combattere, a lasciare casa e famiglia, a fuggire mentre gli uomini combattono. Un tempo, questo, in cui le donne pagano alla guerra il piu’ alto tributo di dolore. Una occasione, la serata organizzata alla Muse per rileggere il femminismo anche come storia di donne che soffrono, ma che con il loro coraggio ed il loro impegno dichiarano “guerra alla guerra”. Stupisce e ci piace vedere nei media come le donne ucraine intervistate dicono ripetutamente “noi siamo un popolo che vuole restare unito”, amiamo l’Ucraina e vogliamo difenderla nell’ottica non del conflitto ma della resistenza.

Importante la presenza dell’Oikònomos padre Ilias Iaria Efimerios Sacro Monastero Ortodosso dei SS. Ilia il giovane e Filarete l’ortolano per un momento di conversazione e di raccoglimento umano e spirituale. Padre Iaria ha sin da subito ribadito come il ruolo delle donne nel mondo slavo, ci conduce al concetto di crisitanesimo, essere vicine a Cristo. Le donne sin dalla storia sono state dedite al martirio che, nell’ortodossia vuol dire essere salvi, approdare alla salvezza. Il loro ruolo è quello di prodigarsi per la società, ecco il perché sono ricche di fede, sono forti ed in questo momento terribile lasciano tutto magari con i loro figli per andare nelle varie nazioni cercando di salvare la loro famiglia, le loro radici, il loro domani. Il coraggio le identifica e proprio per questo attualmente non possiamo non vedere con occhi diversi come affrontano una vita nuova a causa della guerra che sta cancellando la loro storia familiare ed umana. A noi rimane la preghiera come risposta che unisce non le donne russe o ucraine ma tutte le donne del mondo. Il presidente del Consiglio Comunale di Staiti Leone Campanella si è soffermato sulla rirpesa in questi anni a Santa Maria Tridetti di varie e suggestiva celebrazioni e funzione religiose come la celebrazione dei vespri che ci riporta con lo sguardo ad un tempo con i monaci basiliani di rito greco ortodosso che hanno con questi riti animato la più piccola cittadina della Calabria. Le Muse sono legate con il Comune di Staiti ed il suo sindaco Giovanna Pellicano’, ha ricordato Campanella da un protocollo di intesa sancito dal 2021 e che prevede momenti collaborativi anche per fare rivivere riti e tradizioni, come nel caso dell’Artoclasia (divisione del pane), akoluthia che consiste nella benedizione di cinque pani, che vengono successivamente distribuiti, di grano, olio e vino. L’incontro è stato scandito dalla lettura da parte dei poeti delle Muse con testi scritti appositamente per le donne dalle poetesse Anna Lauria – referente Unesco, Clara Condello, Patrizia Pipino, Sonia Impala’, Adele Leanza le quali declamando, hanno evidenziato con le la loro parola, l’orrore della perdita delle radici, lo sguardo al cielo, la richiesta di aiuto, la necessità di un ordine morale poiché la vita va salvaguardata e protetta nonostante tutto. All’urlo della poesia si è unito quello dell’arte con l’installazione dello scultore Pino Gattuso con un corpo straziato dal dolore imcombente o ancora l’attesa di un sedile fiorito di Grazia Papalia e gli sfondi blu e gialli (colori identificativi della bandiera dell’ Ucraina) dell’artista Nino Nicolo’ mentre Cristina Benedetto ha ritrovato nel mondo floreale quel concetto di natura morta che svanisce nonostante la bellezza primordiale e la manipolazione umana che cancella il bello delle cose che ci circondano.