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Onore ai cavernicoli, un intervento di alcune associazioni calabresi a margine della manifestazione del 12 agosto a Messina

Coloro che considerano atroce l’idea di costruire un ponte sullo Stretto di Messina saranno pure
cavernicoli, come sostiene con insistenza qualcuno, ma il loro respiro intellettuale, i loro sentimenti e i loro
orizzonti sono indubbiamente al passo con i tempi: i tempi duri della catastrofe ecologica planetaria in
corso, impossibile da affrontare se si continuano a proporre gli stessi obiettivi e gli stessi strumenti che
hanno trasportato l’umanità nell’attuale condizione pericolosa e triste. E infatti proprio questo è il cuore
della faccenda, che hanno colto perfettamente i cavernicoli, animati da un bisogno di futuro
oggettivamente incompatibile con lo stato presente delle cose; gli sviluppisti, al contrario, rimangono
impantanati nelle tenebre di un totalitarismo economico prossimo a regalare l’inabitabilità del Pianeta alle
generazioni che verranno: sono i rappresentanti del vecchio che, per quanto spacciato e screditato, avanza
alla cieca distribuendo micidiali colpi di coda. Il progetto del ponte dunque non è soltanto una boiata di cui
al momento si sta facendo promotore il ministro Salvini, non è in via principale un cadavere putrefatto
dalla storia e riesumato da bizzarri becchini, è purtroppo anche il frutto coerente di un immaginario
millenarista, incapace di concepire una società più giusta e sensata in armonia con le dinamiche della vita.
Si tratta in altri termini del figlio legittimo di un modello mentale connesso alla mistica dell’eccesso e
all’apertura di un’epoca di sviluppo come finalità interna del tempo e del futuro come crescita infinita (
abbiamo citato l’antropologo Mauro Van Aken). Lo stesso immaginario che ha proiettato l’uomo
prometeico, smisurato e divinizzato, fuori dalla natura, asservendolo al contempo e senza notare la
contraddizione a un’economia che è, come scrive giustamente Piero Bevilacqua, un sottoprodotto della
guerra, votato alla distruzione di ecosistemi e fasce sempre più ampie di popolazione destabilizzata e
povera. In siffatto mortifero scenario i cavernicoli, al pari di numerosi e altrettanto giudiziosi gruppi umani
sparsi per il mondo, si sono assunti il compito fondamentale di sostenere l’incubazione di una fase più
avanzata della civiltà e della storia; il ponte e i suoi seguaci esprimono invece ancora l’attardamento di chi
non vuole dedicare tutte le risorse e le energie disponibili alla rigenerazione dell’ecosistema terrestre, di chi
( con il corollario di cantieri perenni, polveri, scavi, passaggi quotidiani di migliaia di camion, rumori, puzze e
deportazioni di popolazioni espropriate delle loro case, delle loro terre e delle loro vite) programma la
desolazione di paesaggi cementificati a tutto vantaggio di pochi affaristi destinatari dei soldi sottratti ai
cittadini con il prelievo fiscale; rendono palese l’arretratezza e la brutalità di chi sta sacrificando la
specificità e la bellezza di ogni luogo alla circolazione permanente e veloce di merci e colli umani, di chi ha
fatto del massacro dei territori il perno (drogato dalla spesa pubblica) del folle volo della cosiddetta crescita
economica, di chi vuole imprigionare ogni forma di vita nelle gabbie con le sbarre strette del lavoro e del
consumo. Manifestano inoltre la miseria di chi non è in consonanza affettuosa con il cielo, il mare e la luce
dello Stretto e neanche ha percepito attraverso la letteratura e i resoconti dei viaggiatori le nostre relazioni
sociali ed ecologiche con i non umani, con le reti di vita in cui siamo impigliati.
Rappresentano in conclusione l’homo oeconomicus a una dimensione, chiuso alla poesia e alla meraviglia e
in rotta di collisione con gli equilibri ambientali.
Si creerebbero moltissimi posti di lavoro restaurando gli ambienti e i paesaggi già troppo deturpati e le
ricadute sociali andrebbero molto al di là del percepimento di salari di sopravvivenza : governanti con la
testa sulle spalle si incamminerebbero spontaneamente su questa strada, visto che è in gioco, come si
diceva, la pensabilità del futuro. Il ponte sullo Stretto è il cavallo di Troia di quella lebbra urbanizzatrice che
non si accontenta di un consumo di suolo pari a due metri quadrati al secondo e vuole piantare le sue
marce radici anche sui mari.
Onore ai cavernicoli allora, ai portabandiera del buon senso e della forza emotiva dei legami tra i viventi.
Movimento Terra e libertà- Calabria
Fattoria sociale Terre di Vasia