San Giuseppe Patrono della Chiesa Universale di Caterina Sorbara

Con la Lettera apostolica “Patris corde – Con cuore di Padre”, Papa Francesco ricorda il 150° anniversario della dichiarazione di San Giuseppe quale Patrono della Chiesa Universale.
Per l’occasione, (dall’8 dicembre 2020 all’8 dicembre 2021) al Santo è dedicato un anno speciale: “Anno di San Giuseppe”.
Ma vediamo chi è San Giuseppe.
San Giuseppe è il più grande dei Santi che la Chiesa veneri dopo la SS. Vergine Maria.
Da tutti conosciuto come Suo sposo e padre putativo di Gesù.
Le notizie dei Vangeli canonici su questo grande Santo sono molto scarne.
Matteo e Luca dicono che Giuseppe era un discendente del re Davide e originario di Betlemme.
Sembra che fosse il terzo di 6 fratelli e il suo papà si chiamava Giacobbe.
Giuseppe abitava nella piccola città di Nazareth e all’età di 30 anni fu convocato dai Sacerdoti del Tempio, con altri scapoli della Tribù di Davide, per prendere moglie.
Al tempio, i sacerdoti porsero a ciascuno dei pretendenti un ramo e dissero loro che la Vergine Maria di Nazareth di 14 anni, avrebbe sposato colui il cui ramo avesse sviluppato un germoglio.
“Ed uscirà un ramo dalla radice di Jesse, ed un fiore spunterà dalla sua radice” (Isaia).
Fiorì solo il ramo di Giuseppe e così fu riconosciuto come sposo destinato dal Signore a Maria.
Sono in molti a pensare che Giuseppe fosse un falegname.
Ma non è proprio così.
Bisogna riferirsi a Matteo 13, 55, versetto in cui Gesù viene definito come “il figlio del carpentiere”.
Il termine greco téktôn, che si traduce solitamente con “carpentiere”, corrisponde al latino faber e indica un artigiano che lavora il legno o la pietra.
E infatti il legno non era un’esclusiva dei falegnami, perché in quel periodo era fondamentale per la costruzione delle case nella regione.
Dopo il matrimonio Maria continuò a dimorare nella casa di famiglia a Nazareth di Galilea per la durata di un anno, che era il tempo richiesto presso gli Ebrei, tra lo sposalizio e l’entrata nella casa dello sposo.
Fu proprio in questo luogo che Lei ricevette l’annuncio dell’ Arcangelo Gabriele, accettandolo subito: “Eccomi, sono la serva del Signore, avvenga di me quello che hai detto”.(Lc 1,38).

Poiché l’Arcangelo le aveva detto che Elisabetta sua cugina era incinta (Lc 1,39), chiese a Giuseppe di accompagnarla da lei per aiutarla nei suoi ultimi tre mesi di gravidanza.
Dovettero affrontare un lungo viaggio di 150 Km poiché Elisabetta risiedeva ad Ain Karim in Giudea.
Maria rimane presso di lei fino alla nascita di Giovanni Battista.

In seguito, tornata dalla Giudea, mise il suo sposo di fronte ad una maternità di cui non poteva conoscerne la causa. Molto inquieto, Giuseppe combatté contro l’angoscia del sospetto e meditò addirittura di lasciarla, fuggire segretamente (Mt 1,18) per non condannarla in pubblico, perché era uno sposo giusto.
Infatti, denunciando Maria come adultera, la legge prevedeva che fosse lapidata e il figlio del peccato perisse con Lei. (Levitico 20,10; Deuteronomio 22, 22-24).

Un angelo però gli apparve in sogno e gli disse: “Giuseppe, figlio di Davide, non temere di prendere con te Maria, tua sposa, perché quel che è generato in Lei viene dallo Spirito Santo” (Mt 1,20).
Svanirono subito i suoi turbamenti e non solo, affrettò la cerimonia della festa di ingresso nella sua casa con la sposa.
Su ordine di un editto di Cesare Augusto che ordinava il censimento di tutta la terra (Lc 2,1), Giuseppe e Maria partirono per la città di origine della dinastia, Betlemme. Il viaggio fu molto faticoso, sia per le condizioni disagiate, sia per lo stato di Maria oramai prossima al parto.
Betlemme in quei giorni era piena di persone e Giuseppe cercò dappertutto un posto per la sua sposa, senza trovarlo.
Maria diede alla luce suo figlio in una grotta, nella campagna di Betlemme (Lc 2,7) e alcuni pastori accorsero per fargli visita e aiutarli. (Lc 2,16).
In seguito Giuseppe guidò la Sacra Famiglia nella fuga e nel ritorno dall’Egitto, rifacendo il cammino dell’Esodo.

Nel mese di Gennaio del 4 a.C, subito dopo la morte di Erode, un Angelo del Signore apparve in sogno a Giuseppe in Egitto e gli disse: “Alzati, prendi il bambino e sua madre e vai nella terra d’Israele; sono morti infatti quelli che cercavano di uccidere il bambino” (Mt 2,19).
Giuseppe obbedì subito alle parole dell’Angelo e partirono ma, quando gli giunse la notizia che il successore di Erode era il figlio Archelao, ebbe paura di andarvi. Avvertito poi in sogno, si ritirò nella Galilea e andò ad abitare in una città chiamata Nazareth, perché si adempisse quanto era stato detto dai profeti: “Egli sarà chiamato Nazareno”.(Mc 2,19-23).

Passò il tempo e la Santa famiglia, come ogni anno, si recò a Gerusalemme per la festa di Pasqua.
Trascorsi i giorni di festa, si incamminarono verso la strada del ritorno credendo che il piccolo Gesù di 12 anni fosse nella comitiva. Ma quando seppero che non era con loro, iniziarono a cercarlo affannosamente e, dopo tre giorni, lo ritrovarono al tempio, seduto in mezzo ai maestri, mentre li ascoltava. Al vederlo restarono stupiti e sua madre gli disse: “Figlio, perché ci hai fatto questo? Ecco, tuo padre e io, angosciati ti cercavamo”. (Lc 2,41-48).
Passarono altri venti anni di lavoro e di sacrificio per Giuseppe sempre accanto alla sua sposa e morì poco prima che suo figlio iniziasse la predicazione.
Non vide quindi la passione di Gesù sul Golgota.
Giuseppe è l’esempio di uomo buono come ha sottolineato lo stesso Papa Francesco: “E se Gesù uomo ha imparato a dire “papà”, “padre”, al suo Padre che conosceva come Dio, lo ha imparato dalla vita, dalla testimonianza di Giuseppe: l’uomo che custodisce, l’uomo che fa crescere, l’uomo che porta avanti ogni paternità e ogni mistero, ma non prende nulla per sé”.
E’ la figura del vero padre, pronto a tutto.
E’ il meraviglioso genitore che custodisce e protegge la famiglia nelle difficoltà con la sua presenza e dedizione. Prende le decisioni più importanti e ama incondizionatamente.
Un grande padre pieno di affetto e amore.
Di San Giuseppe parlano anche i Vangeli apocrifi, uno dei quali, il “Vangelo dell’infanzia di Gesù’” contiene un corollario dedicato alla “Storia di Giuseppe il falegname”.
Il testo racconta dei particolari sulla vita e le abitudini del Santo.
Secondo il testo San Giuseppe, aveva contratto un precedente matrimonio con una donna che gli diede sei figli.
Quattro maschi, Giuda, Joseto, Giacomo e Simeone e due femmine di nome Lisia e Lidia. E almeno uno di essi, Giacomo detto il minore, è cresciuto insieme a Gesù, dopo che San Giuseppe rimase vedovo per la prematura morte della prima moglie. Questo spiegherebbe perché l’apostolo Giacomo il minore viene definito negli stessi Vangeli ufficiali ‘fratello’ di Gesù. Gli apocrifi cercavano in tal modo di giustificare la presenza di fratelli di Gesù nei Vangeli, anche se la Chiesa cattolica rifiuta questa interpretazione, e sostiene che si trattasse di cugini o altri parenti stretti.
Il primo autore che ricorda Giuseppe è Giustino.
Nel III secolo Origene in un’omelia ha voluto mettere in luce che “Giuseppe era giusto e la sua ver¬gine era senza macchia. La sua intenzione di lasciarla si spiega per il fatto di aver riconosciuto in lei la forza di un miracolo e di un mistero grandioso. Per avvi¬cinarsi ad esso, egli si ritenne indegno”
Nel IV secolo hanno parlato di lui San Cirillo di Gerusalemme e San Cromazio di Aquileia
Nel IV secolo sono stati San Cirillo di Gerusalemme, San Cromazio di Aquileia e
Sant’ Ambrogio.
Di Giuseppe ha parlato anche San Girolamo.
La devozione a San Giuseppe, cominciò piano piano a fiorire nel primo Medioevo.
Gli scritti dei monaci benedettini costituiscono un valido contributo per arrivare a un inizio del culto giuseppino, rimasto però legato ai loro ambiti reli¬giosi, dove si cominciò a inserire il nome di Giuseppe nei loro calendari liturgici o nel loro martirologio.
Testi importanti sulla posizione di Giuseppe nel¬l’opera della salvezza, si incontrano nei due grandi mistici benedettini: Ruperto di Deutz e San Bernardo di Chiaravalle. Entrambi hanno tentato di chiamare i fedeli a una vera devozione a Giuseppe: San Bernardo di Chiaravalle ha cer¬cato di descrivere con devoto impegno la sua umile e nascosta figura.
Dante Alighieri invoca il nome di S an Giuseppe al ver¬tice della Divina Commedia.
Tra i teologi San Bonaventura è stato il primo a ripensare al santo come protettore di Maria e Gesù Bambino nella povera grotta.
Il teologo Duns Scoto, sce¬glie alcune questioni intitolate “De matrimonio inter B.V. Mariam et sanctus Joseph”. Propone una nuova spiega¬zione del loro sposalizio, ricorrendo alla distinzione tra il diritto sui corpi e il loro uso nel matrimonio che, secondo il teologo, è stato perfetto, sotto tutti gli aspetti, ed è da considerare una “questione divina regolata dallo Spirito Santo”.
Per San Tommaso D’Aquino la presenza di Giuseppe era necessaria nel piano dell’Incarnazione poiché senza di lui la gente avrebbe potuto dire che Gesù era un figlio illegittimo, frutto di una relazione illecita. Cristo aveva bisogno del nome, delle cure e della protezione di un padre umano, se Maria non fosse stata sposata, i Giudei l’avrebbero consi¬derata un’adultera e l’avrebbero lapidata.
Nella lettera apostolica PATRIS CORDE papa Francesco percorre a grandi linee la grandezza di San Giuseppe: Padre amato, Padre nella tenerezza, Padre nell’obbedienza, Padre nell’accoglienza, Padre dal coraggio creativo, Padre lavoratore e Padre nell’ombra.
Santa Teresa d’Avila lo adottò come avvocato e intercessore.
In tutti i manuali di preghiera si trovano preghiere a San Giuseppe.
Particolari invocazioni gli vengono rivolte tutti i mercoledì e specialmente durante il mese di marzo a lui dedicato.
Don Marcello Stanzione, raccomanda la recita del “Manto” in onore di San Giuseppe, per ricevere grazie, in casi difficili.
Ho conosciuto questo grande Santo, da bambina grazie alla mia amata nonna materna Grazia Mamone, la quale ogni anno il 19 marzo mi portava con lei a
Sant’ Eufemia d’ Aspromonte a “trovare” San Giuseppe e ricordo anche, che in suo onore preparava la pasta mista con i ceci e la regalava a tutto il vicinato.
Se chiudo gli occhi sento ancora il profumo dei ceci e vedo ancora il dolce volto di mia nonna illuminarsi davanti alla statua di questo grande Padre.
Caterina Sorbara